Saturday, December 27

Grazie, davvero





Eccoci.
La sera è gelida, almeno fuori dalla mia finestra. Un'altra simpatica sera gelata, e io adoro le sere gelate. L'altra notte ero a letto, dormivo, e dio solo sa quanto sia fantastico dormire quando hai davvero sonno, e quando tutto è in silenzio e quando non ci sono fantasmi dietro le spalle.

grazie, davvero

Ho aperto gli occhi, e c'era un chiarore leggero, ancora scuro, ancora silenzio, ancestrale, fantastico, e io sto a guardare il muro e non ho più sonno, gli occhi stanno aperti senza sforzo, il muro davanti a me è fatto di luce arancione e pieno di ombre. Poi mi alzo. Non è natale, penso. Non è più natale e io non me ne sono accorta. In un attimo capisco un sacco di cose. Un attimo di lucidità come solo nel dormiveglia può accadere. Sono libera. Ricordi, mi dice una vocetta che sembra arrivare da oltre il soffitto scuro, ricordi, c'era un tempo in cui nel bel mezzo del pranzo tu correvi fuori, nel prato innevato e ignaro di tutto e domandavi agli alberi alla neve e al cielo, e all'aria tranquilla se per loro tutto questo festeggiare significava qualcosa. Ricordi? Ora so che quel fuggire e ritrovarsi non era che un segno di appartenenza. Era un ritorno. Era bello, avere un giorno speciale. E' bello, ancora adesso. Ora ho capito. Non serve più scappar fuori. Perchè adesso anch'io sono un albero, un uccello, sono neve, e aria tranquilla d'inverno.
Questo mi passava davanti agli occhi l'altra notte.
Mi alzo in piedi, mi gira la testa. Le persiane sono aperte. Fuori, sotto il lampione arancione, senza che nessuno se ne curi, nevica fitto, e una bufera di fiocchi invade la via, e la casa di fronte, gli alberi e le ombre. Tutto è improvvisamente e meravigliosamente bianco. Apro la finestra e respiro l'aria fredda. Un'attimo fa dormivo e ora sto con la testa fuori dal davanzale, a volteggiare nella notte di neve, e a capire tante cose che un tempo sfuggivano.

grazie, davvero

Di nuovo. Ancora e ancora. Eppure me l'ero scritto addosso never again, con la punta del coltello, per ricordarmelo bene, di non stare mai più così male. E di non lasciare che il demone prendesse il sopravvento. Oggi però l'ho controllato. Oggi è stato un giorno di scoperte. In realtà è stato un giorno come gli altri, iniziato alle sei e trenta, mentre fuori tutto è avvolto da cristalli brillanti. Ricordo tanti inizi come questo. Vorrei poter dare a questa e a tutte le mattine che ci sono state prima di questa il senso che si meritano. Vorrei poter dire, con calma e tranquillità, respirando senza paura - ecco, è per questo - . Per questo ti sei alzata per questo hai corso, sudato, pianto, riso, domandato urlato, per questo hai amato alla follia ognuno di questi giorni azzurri, ora lo so, è stato per quel singolo istante in cui tutto questo puoi riassumere; verso cui tutto questo confluisce; dentro cui tutte le contraddizioni e i nodi e la rabbia si sciolgono.
Ho visto questo istante perfetto. Era lì, e mi sono accorta di averlo davanti perchè d'improvviso mi sono ritrovata indifferente. Quello per cui prima avrei urlato, ora mi sfiora senza che io muova un muscolo. Ho visto l'istante perfetto negli occhi di ***, che non avevo mai visto così in pace. Come un guerriero finita la guerra. Tranquilli e consapevoli. Calmi ma con il fuoco della battaglia che là, nel fondo, ancora brucia. E vederselo davanti, e inspiegabilmente non poterlo far mio, non è stata esattamente una gran cosa.

ma grazie, davvero

Ho anche visto occhi diversi. Ho visto occhi che non meritavano nessun giorno e nessun istante, e non meritavano di esser guardati, e di certo non avevano nulla di perfetto. Ma tutto questo mi ha aiutato a capire.
Le cose dovevano essere diverse, a quest'ora. Scrivevo questo, qualche tempo fa. Lo penso ancora. Io sarei dovuta essere diversa. Dimenticare quel che era di me e cominciare di nuovo, e vedere se forse, per una volta, le cose potessero prendere la strada giusta e dimenticarsi dell'odio e dei giorni insensati.
Così non è stato. Ma noi umani diamo sempre un senso, alle cose. E' nella nostra natura. Di tutto ci facciamo una ragione. Non è da noi, lasciar le cose in sospeso.
Così ho chiuso.
Mi sono accorta di varie cose, in questi giorni indifferenti. Non è stato bello, vedere l'istante perfetto e allungare le braccia per afferrarlo. Non è stato bello, guardarlo andarsene negli occhi degli altri. Non basta scappare, non si può scappare, e io non sono qui, anche questo avevo detto, ed io non c'ero, quel giorno, sulla cresta, io ero altrove.
Questo non sentir niente ha un senso. Questo non voler niente è un sentimento nuovo, e i sentimenti nuovi sono sempre i benvenuti. Senza di lui sarei stata qui, a chiedere all'orizzonte che fare, che fare adesso? Nell'istante perfetto, in cui tutto torna ancora e ancora, all'infinito, tutte le mattine e tutti gli allenamenti acquistano un senso e uno scopo, sarei davvero stata tranquilla?
Voglio pensare che sia meglio, essere ancora incompleta, voglio credere che sia una fortuna, anche se in realtà a tutte queste cazzate non ci credo affatto. Anche se tutto questo non è che un modo per riuscire a tendere ancora all'orizzonte, domattina, e chiedergli di vederlo ancora l'istante, e pregare di poterlo di nuovo inseguire, e un giorno non lontano stringerlo tra le braccia. Anche se queste parole non sono altro che lacrime

grazie, grazie

grazie, davvero

Saturday, December 6

Gli estintori sono scarichi (aiuto)

Cazzo azzo azzo....
lo sapevo.
Non sono riuscita a rendere vivibile questa giornata. Ahhhhhhhh ancora ancora e ancora. Non so che dire. Niente mi tocca. Niente. Di niente ho voglia. Nessuno mi manca. Niente desidero. Niente cerco.
Non so perchè, sarà che mi sembra di avere la febbre. Perchè non sono fuori ora? Oggi non ero qui. Non ero qui. Non so dov'ero. Non so dove sono, adesso. Bo. Non so niente.


Gli estintori sono scarichi
gli estintori sono scarichi
gli estintori sono scarichi
gli estintori sono scarichi
gli estintori sono scarichi


Il demone se la ride.
Il demone se la rideva mentre i c'erano i tipi con lo scafandro volevano squartarmi. Davvero. Poi c'era anche qualcuno in angolo che scuoteva la testa. L'uomo sta nell'ombra e dalla sua bocca risuonano parole: "sbagliato sbagliato - questo finale è tutto sbagliato
e adesso? e adesso cosa fai?
Lo sapevi
Tu sai tutto
Eppure ogni volta ti fai fregare"
Ora se la ridono anche gli uomini negli scafandri. Giocano con le provette. Aspettano un qualche oscuro segnale per iniziare a squartarmi, mentre me ne sto legata a questa barella azzurra. Delle cinghie mi legano i polsi. Sono di cuoio. Ma non sono forti. Non sono legate bene. Potrei liberarmi. Potrei scuotermi e strappare tutto e andarmene. Gli uomini con lo scafandro non muoverebbero un dito. Mi guarderebbero andar via. Custodirebbero il bisturi per il prossimo paziente. Magari uscirebbero dalla stanzetta e per farsi una partita a carte. Riporrebbero le tute e tornerebbero nelle loro case, come se nulla fosse successo.
l'uomo nell'angolo scuote la testa. Non vedo i suoi occhi. Porta occhiali strani. E' piccolo. Quasi non si vede, ma sa tutto.
Scuote la testa da un po'.
Muovo le mani. Mi dimeno leggermente. Le cinghie non sono strette. Sopra la mia testa, le luci al neon sono argentee come le nuvole che passano di fianco alla luna piena nelle notti fredde e silenziose. Dalla stanzetta non vedo cielo, o stelle.
Riesco a muovere i polsi. Potrei riuscire ad alzarmi. Un giorno, sarei riuscita. Mica un giorno lontano. Solo ieri avrei potuto strappare lacci e saltellare via.
Ieri, forse.


Mi sta mangiando
li sta mangiando
li sta divorando
li sta consumando
li sta consumando
gli estintori sono scarichi


L'uomo dell'ombra dice qualcosa. Tendo l'orecchio.

" Mai più, mai più
Tienilo a mente
Pensi di farcela, a tenerlo a mente?
Non è difficile "

Gli scienziati in tuta bianca mi guardano. Tutti assieme. Dieci occhi puntati addosso.
Non sento niente, è inutile che mi guardiate. L'uomo dell'ombra è sparito. Proprio adesso che volevo dirgli qualcosa. L'angolo è buio, lui non c'è.
Uno degli scienziati dice: "Ti rendi conto che tutto questo non ha senso? Devi capire che noi adesso non sappiamo come comportarci. Insomma, pensavamo che tu facessi qualcosa. Pensavamo che tu agissi, ti ribellassi. "
Quello di fianco aggiunge: " Questo non era previsto "
Giungono voci tutt'intorno.
" Non puoi fare così."
"Devi rispettare il nostro lavoro"
" Così ci rendi le cose difficili"
Parte una ventola, da qualche parte nella stanza. Dev'essere qualche dispositivo di raffreddamento, perchè l'aria comincia a divenire gelida.
"Lo so che puoi capire. Sappiamo che è una serata no, insomma capita a tutti. Ma qui è una questione di rispetto. Ne va del nostro lavoro."
Adesso vedo il mio respiro farsi nuvola di vapore nell'aria gelata. Di fianco a me c'è uno schermo, non l'avevo visto. Ci sono spiralie immagini vettoriali in sviluppo continuo, infinito. Ho visto qualcosa di simile nello screensaver del pc.
Lo scienziato più vicino lo guarda, poi si china su di me, come a dirmi un segreto, e continua:
" Lo sai che tutto questo non ha un senso? Sappiamo come ti senti. Lo vediamo lì " - e indica lo schermino - " Sappiamo che tutte queste tue parole sono un tentativo di dare un senso a quel mare in tempesta che senti muovere da qualche parte. "
" Tu vuoi che sia così "
" Tu vuoi che resti così "
" Qui è tutto creato da te "
" Anche noi - Siamo tue creazioni "

Buio. Un lampo. Una lucetta verde. Lampeggia, poi si accende, ma non illumina granchè. Gli scienziati sono turbati. Dev'essere saltata la luce. Nemmeno la ventola si sente più. Gli scienziati ora si guardano intorno, paiono spaventati. Non si curano di me.
Poi uno di loro mi guarda.
" Non c'è più "
" Ma è ancora viva? "
Io li guardo. Non mi interessa. Penso ad altro.
" Temo non ci sia più niente da fare "
" Hey? "
Uno scienziato mi conficca il bisturi nella spalla.
Ma questo lo vedo solo dopo. Dopo che ha detto: " Temo sia così. Il paziente non reagisce "
Alza lo sguardo e annuncia:
" Signori, qui abbiamo finito "

Se ne vanno dal mio lettino. Il bisturi è conficcato nel braccio. Non sento niente. Non voglio niente. Nemmeno lo tolgo. Gli scienziati si dileguano.
Lo schermo è nero. L'aria è tornata respirabile.
Nell'angolo c'è qualcuno.
E' l'uomo dell'ombra. Ora sorride.
Se la ride, dietro ai suoi occhiali, ma non smette di scuotere la testa.

Wednesday, December 3

senza parole




C'era questo scoiattolino che correva sulle fronde innevate, altissimo, e si lanciava da un pino all'altro, e sembrava davvero divertirsi.





Per questo. Solo per questo.



Tutto ha un senso.
Tutto è come deve essere.

Adesso dall'altra stanza arriva la voce gracchiante della tv. Le loro voci sono lontane. Le loro voci mi fanno sorridere, tanto sono insensate e ridicole. E parlano, ancora. Si sovrappongono. I rumori mi suggeriscono che il tempo è ancora in movimento. Il tempo non si ferma. Eppure quella cosa dell'assoluto...lui era divenire immobile. Nel senso di senza tempo. Bo.
No, adesso il tempo avanza. Lo sento. Per cui non c'è motivo per sentirsi immobili e sospesi a mezz'aria come cristalli di neve impalpabile. Eppure è così. Credo di aver finalmente capito cosa voleva dire questa cosa dello spirito assoluto che è fuori dal tempo. Chiamatelo come volete.
Ma certo. A guardare i pini incrostati di neve, lucenti di sole, bianchissimi, ho pensato che la loro bellezza è qualcosa di indipendente da tutto. Ed è solo un caso che ora si manifesti in un pino innevato che tra vent'anni cadrà sotto il peso di tanti inverni, e in una distesa perfetta di perfetti cristalli di neve, che però in pochi mesi tornerà ad essere acqua. E' solo una caso, che queste ed altre meraviglie si manifestino nel tempo. Possono darsi o no. Noi possiamo essere lì al momento giusto per vederle, o no. Tra l'altro a loro non importa nulla se ci siamo o meno. Non è che ci aspettano o roba simile. Chissà quanti meravigliosi tramonti avranno illuminato dell'ultima luce arancione la terra preistorica, e intanto tutti quei simpatici australopitechi continuavano a dondolarsi sugli alberi a testa in giù urlando versi strani, incuranti del tramonto e della forma delle nuvole e di altre fantastiche cose di cui è disseminato il pianeta e che da sole basterebbero a farci felici per un milione di anni.
L'ho capito, hey! Spero che qualcuno mi senta. Heeeeey! Credo di aver capito. Questo mi innalza almeno un po' dalla mia effimera condizione materiale? Heey?
Nessuno
risponde.
Fa niente. Non serve nessuna risposta. Ho capito, almeno un pochino.

Tuesday, December 2

nuovo video!

esilarante video direttamente da dubai, dove verrà illustrata da me in stile documentario la nostra fantastica toyota camry (la più cessa di tutta l'impero persiano...). Non si capisce molto della mia super descrizione perchè c'è un vento assurdo che disturba un po'....
Location: Jumeirah Beach, Dubai, United Arab Emirates
Year: 2006


Monday, December 1

Questa volta ci siamo

Bene. Molto bene. La stagione è qui. Visto? Alla fine sono riuscita a scappare. Non era difficile, e adesso sono di nuovo qui, fuori nevica e tutto sembra di nuovo reale.
Così ora è finalmente tutto ok e non voglio aggiungere altro. Qualche assaggio della nuova neve lo trovate in questo album
--> http://www.facebook.com/album.php?aid=2010609&l=1ac69&id=1390812183

Sunday, November 23

Io non sono qui








oh sì. Adesso parliamo di diserzioni. Parliamo cazzo. Voglio sapere, e voglio ricordarmi per poi dimenticare, le volte in cui mi sono arresa. È strano parlarne adesso. Anzi forse è logico parlarne adesso. Questa di oggi è stata una delle volte. Oggi sono stata a sciare, anche se solo dirlo mi sembra una cazzata. Infatti è così, non ho sciato in realtà. Sono scivolata verso valle senza che nulla di tutto quello a cui di solito pensavo sciando mi toccasse. Sono scesa a valle come fanno i sassi gettati in un dirupo. Sbattendo ovunque, senza controllo, senza coscienza, senza storia. Questo non è sciare. Questo non è un cazzo. Forse è per questo che adesso che il sole è calato e io sono di nuovo a casa, davanti alla tastiera, inquieta e antipatica come non mai, mi sento di merda. Quando succede, devo sempre indagare il motivo per cui mi sento così. Ho un odio, un qualcosa che fa male un qualcosa di non detto un qualcosa di irrisolto. Eppure non è un odio mirato, diretto, percepibile. Io non sento niente.

Sono su un tavolo operatorio. Gente in scafandri bianchi sta per squartarmi. Stanno per squartarmi per studiare il perchè di tutto questo. Hanno in mano bisturi lucenti e la stanza è piena di provette se mai dovessero trovare il virus. Sono anestetizzata, non sento niente, provo mille sentimenti ma nessuno mi interessa. Ca
zzo, adesso questi tipi in tuta bianca mi ammazzano.

Non so, oggi è così. Me ne sto qui a cercare di capire cazzo. E in tutto ciò riesce sempre a divertirmi il modo in cui il mio cervello va in pappa quando tutto sembrava filare liscio. Mi sorprende sempre, il demone, arriva all’improvviso dopo mesi di letargo e mi spinge giù dal filo su cui finalmente avevo trovato un equilibrio. È veramente un genio. Non riesco mai a fermarlo prima che venga a far danni.
Perchè io sono altrove. Questa sera è così inquieta e tutto trema ed è strano perchè oggi è stata una giornata insensata. Perchè oggi io ero una persona insensata. Oggi ero un sasso che rotolava a valle senza sentire dolore, senza sentire paura, senza provare desideri, senza volere nulla. Tutto mi attraversa, niente resta a confortarmi e dire hey, sei qui, sei viva. Alzati e corri via, lo sai che puoi. Invece ero sulla terrazza in cima, quella di quest'estate, in un sole splendente, la mia cima e la mia terrazza e la mia valle che avevo visto mille volte in mille fredde mattine di agosto, nel silenzio totale. Ma adesso brulica di persone che fanno casino. Brulica di cose che non vorrei vedere.
Io non sono qui. Dietro di me, l’ho visto prima con la coda dell’occhio, c’è uno che se ne sta tranquillo, al sole; l’avevo visto la stagione scorsa in pora; mi ricordo la sua faccia; lui era di quelli che sono passati; lui era uno dei fortunati vincitori. Ne ho visto altri. Ne ho visto tanti. Sorridono e ridono e se la spassano e si divertono e sono tranquilli e pensano di essere nel giusto.
La realtà ha un significato diverso per loro, credo. Questo giorno ha un significato diverso per loro, giusto? Questo è un inizio, per loro.
Sento che quel tipo è lì dietro.
Non provo niente.
Non sento niente.
Sono un automa in cima a una montagna.
Io non sono qui. Non voglio più vedere queste facce. Non voglio più sentir parlare. Non voglio niente.

La valle è nitida, l’orizzonte si perde in una lontanissima foschia.
Sono io sulla mia cresta, ma stavolta correr via non risolve nulla.
Dei corvi volteggiano in cielo, e aspettano che tutti se ne vadano per scendere quaggiù a divorare le briciole di tutto questo.

Ma questa è la mia cresta, forse posso ancora correr via.
Magari non oggi. Domani, se verrà ancora più neve, potrò scivolare via anch'io, come le slavine in primavera.
Forse, ancora una volta, possiamo scappare.



Monday, November 10

Ritornare è l'essere di ciò che diviene





C'era un tempo in cui si andava a letto alle nove. C'era un tempo in cui si mangiavano le merendine. C'era un tempo in cui avevo paura a scendere. Avevo paura su là in partenza e faceva freddo e avevi quel nodo allo stomaco. E può sembrare davvero un tempo lontano. Ma io non mi sbaglio, lo ricordo bene; e ricordo quanto fosse normale andare a letto alle nove. Niente tv in camera per me. Era carino, a pensarci.
Tutto questo è stato carino. Tante cose sono carine ora.
Non c'era nessun altro modo.
Non c'erano altre vite possibili.
Tutto qua.

Sunday, November 9

Lezione n.1: forse non è tutto qua

Ma è un tesoro!

Questa è la sera delle cose senza senso. Fuori una nebbia strana avvolge il lampione. Sto masticando troppo rabbiosamente una golia bianca; ecco, è già finita. Giù qualcuno arriva in macchina, scende ed entra in un cancello. So chi è. E' il figliolo che torna a casa. Uno dei tanti personaggi di questa storia. Poi c'è la tipa che urla, la tipa dal volto cattivo e dal motorino assassino che torna dalla lidl carica di sacchetti; le mamme in congedo che escono alle quattro di pomeriggio in tuta da ginnastica spingendo in contemporanea i propri passeggini e parlando di cibi sani vestitini omogeneizzati e delle prime parole del pargolo; marciano affiancate, a grandi passi, cinguettando e ridendo; si guardano intorno in cerca di potenziali pericoli; quando passi loro a fianco ti fissano con gli occhi carichi di un'odio primitivo, ancestrale, fatto dell'innata paura che qualcosa qualunque cosa possa succedere all'esserino che stanno portando in giro, e sono sicura che in quel momento le loro mani si stringono ancor più alle maniglie del passeggino. Un attimo strano, silenzio, i bimbi con la loro testolina innocente e ancora calva si sporgono a vedere che succede.

Passo oltre. Le mamme in posizione da esercito stanno compatte e avanzano a grandi falcate.
I bambini non hanno colpa di tutto questo.
Chi poteva immaginarlo.
Eppure,
a volte...
I bambini sono troppo coperti, signora. Signora? Il suo piccino è un fagotto, temo che così non riesca a respirare. Signora?

Signora?

Saturday, November 8

Ah ah ma che divertente guardare nel baratro




Ah ah ah
Davvero
Molto
Divertente
Il computer di merda mette le maiuscole in automatico cazzooo
Bene a parte questo tutto ok. Sono un po’ ... come dire ... rabbiosa. Faccio le cose in modo rabbioso e violento, anche se non ce n’è motivo. Che ci crediate o no, per quanto possa sembrare incredibile, sono tranquilla. Niente mi assilla, ora. Mi sento relativamente in pace con me stessa e con gli altri. Bè, in verità per ora lo sono con me stessa, con gli altri ci sto lavorando...in ogni caso è tutto incredibilmente ok. Questa attesa per una volta non è sbagliata. Non è colpevole di inutilità. Non è perdita di tempo. Oggi è andato tutto bene.
Ci sono un paio di cose carine da raccontare ma devo elaborarle, devo pensarci un attimo. Sono due storielle carine. Una mi è venuta in mente stasera, mentre guardavo gli occhi spalancati dei pesci sul banco frigo della pescheria. Carini, veramente, quegli occhi enormi e quelle bocche strane piene di denti fitti e finissimi. Sembra che vogliano dire qualcosa, tu li guardi, e improvvisamente fa così freddo, loro lì sdraiati sul ghiaccio tritato come granita, bianco candido, niente sangue per favore, belle quelle spigole, belle quelle orate, se ne stanno appiccicate l’una all’altra in una stupenda coreografia di morte, ci hanno pure messo qualche pomodoro e qualche foglia d’insalata per dare un tocco mediterraneo o roba simile. Io devo capire perchè andare in pescheria mi fa questo effetto. Non lo so. Dev’essere collegato comunque. Dev’esserci una connessione con qualcosa di strano nel mio cervello. Bene, comunque la storia completa si chiamerà perchècazzoc’eraunasticemortosulbancodelpesce, pensi che gradisca, lui, a stare accoccolato sul ghiaccio tritato? Questo sarà il titolo. C’era veramente un astice, e stranamente era morto davvero, le chele immobili ancora chiuse negli elastici, mentre i suoi amichetti nella vasca erano vivi e si divertivamo a lottare e a giocare con le bolle. Davanti all’astice c’era scritto ASTICE MORTO. Come se ci fosse bisogno di scriverlo. Non so, questa cosa mi ha preso. It made my day.

Questo era per dire che va tutto bene e mi sono accorta che posso guardarmi indietro senza causare crisi di identità dovute al mio merdoso passato. Anzi lo sto pure rivalutando, il merdoso. Forse non era merdoso, era solo necessario. Se non fosse stato così io non sarei quello che sono adesso, giusto? Ma certo dannazione. Il titolo voleva dire quello, nel caso non si fosse capito. Quindi prossimamente posterò qualcosa che ho scritto tempo fa; qualche vecchio, vecchio resoconto quotidiano di puro odio e rabbia adolescenziale. Per far vedere che non sempre è tutto ok. E per rassicurare chi ancora si sente di merda; a voi dico:
Credetemi
Andrà
Tutto
Bene
Come vedete, sono qui e non è morto nessuno.

Tuesday, November 4

Cosa resta


Ma senza più distrazioni
senza più tv
senza più appuntameti nè gente da incontrare
senza la bocca piena di parole
senza più discorsi
senza vestiti da far vedere;
senza più niente del nostro mondo, cosa resta?

Di noi su una spiaggia
chiara, luminosa e deserta
con solo il mare e il cielo come uniche distrazioni, cosa rimane?




Così, eccoci qui. Me ne stavo in quel corridoio della scuola; strano, lungo, enorme; lucido, a tratti abbagliante di luce solare. Stavo lì e pensavo a questa cosa. Era l'anno scorso, più o meno. Tutto stava finendo. E io mi chiedevo: di tutto questo, tutto quel continuo odiare silenzioso, rimuginare, calcolare, e la sensazione che non sarebbe mai finita, non così almeno; di tutto questo, cosa rimane?

Invece finisce così, con un esame che non immaginavo, odiato e aspettato senza particolare paura, che diventa solo un passaggio, una porta, una stanzetta con i banchi disposti a ferro di cavallo, fresca, con le finestre aperte sugli alberi del cortile inondati di sole; ed è lo stesso cortile guardato con sofferenza e odio, sono gli stessi alberi che io dalla classe osservavo fioriti nelle giornate di sole primaverili, quando speravo che non ci fosse, il sole, per non dover stare a pensare a quanto avrei voluto essere da un'altra parte. Eppure sono loro, lì a ondeggiare calmi durante il mio esame, mentre fuori un'arietta più fresca del previsto porta rumori di lavori lontani, totalmente estranei a me e a questo momento. Lo stesso per i professori, che sono lì tranquilli ad aspettare che arrivi il loro turno per fare la domanda, così come io aspetto di rispondere a ognuno; e ciò che ora succede a me è già toccato a quello prima, che ora è fuori ad assaporare quella strana sensazione di libertà appena ottenuta, e esattamente allo stesso modo succederà a quelli dopo di me, pazientemente, normalmente, come sempre in ordine alfabetico. Penso a tutto questo mentre sto seduta al centro del ferro di cavallo di banchi, in mezzo a professori che sembrano fare altro, mettono in ordine fogli, scrivono cose, si guardano intorno.
Mentre filosofia mi chiede l'annuncio dell'Uomo Folle di Nietzsche, sul davanzale di uno dei finestroni aperti davanti a me una colonna di formiche brulica nelle due direzioni, entrando e uscendo dalla finestra, e si infila poi silenziosamente in una crepa nel muro. Osservo il loro incessante avanzare, il loro continuo incrociarsi, bloccarsi e lasciarsi andare, e in un attimo tutta l'attesa, la cattiveria e i pensieri odiosi che la scuola mi ha sempre ispirato si sciolgono; la ribellione e quel mio istinto innato a cercare vie d'uscita, a cercare alternative per non piegarsi allo stato delle cose, alla loro necessarietà; improvvisamente guardando il laborio degli insetti tutto questo sparisce, adesso sono anch'io una formica, che va e ritorna, che prima c'era e ora non c'è più, che esce dal davanzale e se ne va, lontano. Tutto è passato, ora; tutto assieme è stato spazzato via in un attimo illuminante, odio ribellione obblighi paura, ora ogni cosa è normale, è tranquillità strana. Un sottile e sconosciuto senso del dovere mi dice che per questa volta, che è l'ultima, bisogna sedare l'istinto, tenerlo lontano, farlo star zitto, non vale la pena ormai.
Così, quello che rimane quando tutto finisce sono le sagome indefinite dei professori che se ne vanno, riflesse sul pavimento lucido in fondo al corridoio reso ombroso dalle persiane abbassate a metà. Loro e le loro ombre allungate sembrano una cosa unica, e io rimango così, attonita a guardare le loro figure sfinite danzar via nell'ombra, tagliando come strani burattini le lame di sole sul pavimento.
Se ne vanno, li vedo allontanarsi con i gesti semplici e banali di sempre ma che ora hanno un che di inesorabile; via, sempre più in là, finchè non spariscono scendendo la scalinata.

Attimo di smarrimento nel silenzio del corridoio deserto, la polvere si muove piano sospesa nell'aria attraversata dal sole, penso ai giorni liberi, ai giorni nuovi, davanti agli occhi la realtà ha nuovi significati, tutto è di una chiarezza abbagliante, vorrei rimanere ancora in questo corridoio perchè se esco dal portone non so che ne sarà di me.
Guardo le scale, oltre le quali i professori se ne sono andati da un po', e mi riprendo.
Cammino via dalla parte opposta, confusa, felice, sconvolta, niente urla niente risate niente salti niente rumore ma solo uno strano brivido, a vedere che questa cosa è stata, e che proprio come tutto è iniziato, ora tutto finisce. E l'inizio e la fine sono ora una cosa sola, che si è condensata in questo tempo in questo spazio e in questo assurdo istante.
Ecco. Questa cosa è stata, anche questa è corsa via e già scorre scorre scorre come l'acqua del fiume, ed è ormai talmente lontana e irreale che puoi pensare non sia mai successa.

Thursday, October 30

Amor Fati

scriverò qualcosa perchè questo è un cerchio che si chiude. forse è l'inizio di qualcosa, che non siano le solite cose.
non so. non so perchè sto facendo tutto questo ma so che c'è voluto uno sforzo sovrumano per buttarmici dentro. ormai mi conosco, conosco tutti i modi per scappare che metto in atto quando sono accerchiata. ma niente. ci vuole veramente poco per cambiare. spero che questo sia un passo per mandare a quel paese tutte le mie dannate ossessioni.
non ho un programma preciso. non voglio pensare adesso a tutti gli aspetti tecnici e agli aspetti reali e a tutto quello che questa cosa comporta. per adesso non ho voglia di pensare a quanto vorrò coinvolgermi e quanti compromessi dovrò fare.
bo.
stranamente dopo vari ribollimenti ora è tutto sotto controllo.
non mi sento male.
va bene perchè solo così tutti saranno contenti e la pianteranno di rompere e di chiedere checazzo faccio della mia vita. non è solo questo, ovviamente. va bene anche solo per me.
comunque, mi sono ricordata di qualcosa che avevo scritto poco dopo la maturità, la fine dell'inferno, la fine del supplizio ecc ecc chiamatelo come volete.
lo trovate nel prossimo post...

Sunday, October 19

possiamo scappare




l'altra notte ho dormito con la felpa. mi sono addormentata e la lampadina scassata made-in-china che ero appena riuscita a mettere in funzione è rimasta accesa con la sua lucetta tremolante. se non altro il mio letto dopo innumerevoli modifiche è diventato comodo. dietro alla mia testa anche la montagna sembra sospirare per l'ultima volta prima di abbandonarsi al sonno. in realtà lei è vigile. è attenta. veglia sulla distesa di sassi ed erba, sulle rocce chiare e sulla mia finestra.
è una finestra piccola. sento la stufa borbottare al piano di sotto. ci sono proprio sopra.
comunque la mia pila cinese è rimasta accesa finchè ad un orario indefinito non mi sono svegliata e con una manata l'ho spenta, rischiando di farla cadere dalla pseudo mensola che ho creato con un'asse tra il mio letto e quello di fianco. per prendere sonno mi sono messa a leggere un libretto di fantascienza che sembrava scritto da un computer. era dannamente prevedibile. di ogni frase potevo indovinare la fine. non so come facciano a scrivere libri così. la traduzione era decisamente approssimativa, il tutto risultava macchinoso, scontato e illeggibile. non prendetevela, ma veramente era assurdo. andava bene per addormentarsi. per una volta non ho visto differenza tra un libro e quei telefilm inutili che si moltiplicano come funghi alla tv. guardo la copertina. c'è scritto che ha venduto nonsoquantecopie e quindi hanno pensato bene di ristamparlo in edizione tascabile. che carini. non oso immaginare come dev'essere leggerselo in un'edizione con la copertina rigida.
il libro inutile dura poco. dopo qualche tempo già dormo rannicchiata nella mia fantastica felpa pelosa, incurante della luce, degli alieni e della montagna che dietro alla mia testa fa la guardia nella notte silenziosa.

quando apro gli occhi fuori c'è un chiarore leggero. saranno le cinque. giù qualcuno fa casino. rumori secchi, metallici. cose che cadono.
ricordo una notte d'estate in cui dalla finestra aperta sentivo dei passi. da qualche parte, nel buio, animaletti sconosciuti camminavano nella scarpata, producendo scalpiccii strani.
niente di tutto questo. adesso sono solo innocui rumori. mi riaddormento.

ho pensato un po'. a questa situazione senza senso in cui galleggio. in realtà non risolvo un bel niente. non c'è nessun bivio. pare che ci sia. bo. se c'è, io non lo vedo. vivo al secondo. sono in equilibrio.
adesso sono a casa. la tv è accesa ma guarda dall'altra parte. non so bene perchè sto scrivendo.
tutto questo, questo presente che ora è semplice e domani sembrerà complicato, che oggi accade e domani suonerà già strano, mi ricorda una scena di quest'estate. sono io, la mattina all'alba, o la sera al tramonto, o in altri strani orari in cui girellavo sulla montagna. arrivando in cima ad una distesa erbosa, lentamente mi appare davanti l'altra valle, inondata di sole, bellissima, piena di erba frusciante e tiepida, accarezzata da un vento che porta i suoni delle campane di mandrie lontane. io emergo dall'ombra e arrivo in cima, lo sguardo si perde oltre prati e alberi fino ai paesi luccicanti che stanno in fondo. è a quel punto che fissando la mia valle percorro la strada al contrario, dalle case indefinite ai pini minuscoli e poi sempre più vicini, finchè mi ritrovo a guardare il sentiero cosparso di sassi su cui sto in piedi. se io ora parto di corsa, penso, forse posso correre via. e in attimo posso tuffarmi oltre tutto questo, superare la cresta, entrare e uscire dal bosco ombroso, e in poche ore che sembrerebbero minuti le mie gambe mi porterebbero a casa.
non è lontano, alla fine.
senza pensare a niente, io e le mie gambe possiamo scappare.

Thursday, October 16

tutto procede bene nel mondo, signore








oddio.
non so, c'è qualcosa che mi fa scrivere in automatico. c'è come una porta spalancata che prima era chiusa e ora tutto esce alla velocità della luce travolgendo ogni cosa.
oggi è stata una giornata terribilmente inquieta. una cosa tremenda. niente di grave, solo che non so spiegarmi come mai questi giorni strani arrivano e se vanno in batter d'occhio. giorni in cui sei sempre sul chi vive, sei sempre in punta di piedi. se vado fuori a buttare la spazzatura vedo occhi e figure nascoste nel buio che mi osservano. mi guardo intorno mille volte, respiro piano, rumori insensati mi fanno sussultare. dev'essere la luna. ieri ero qui a scriver e sentivo qualcosa. non so, c'era qualcosa che mi stava sulla spalla, che mi si appoggiava addosso, mi pesava. era la luna. era un'enorme luna piena, azzurra e argentata, bellissima e incomprensibile. mi lanciava addosso una lama di luce argento e se ne stava lì a guardarmi col suo sorriso terribile. ha gli occhi e la bocca, se la guardi bene. sorride, se la guardi bene. sa che noi siamo qui. sa tutto cazzo. ho chiuso persiane e tutto. la luna ha qualcosa che mi fa incasinare. e poi ci sono questi cazzo di denti del giudizio che quando lei è crescente si mettono a crescere pure loro, come l'erba e il grano, come il raccolto o chessò io. mi fanno male anche adesso. sono lì che vogliono uscire i bastardi. gli unici che non ho tolto. non voglio più vedere dentisti. con tutto che uno è fortunato a poter andare dal dentista eccetera eccetera che così poi hai dei bei denti bla bla bla io ODIO il dentista. odio l'affare che ti aspira la saliva. odio le impronte con quella cosa che prima sembra farti soffocare e poi ci mette mezzora a staccarsi.

ora la luna non c'è. non è ancora sorta. non mi guarda, per ora.
sto bene. là fuori qualcuno si è fatto male. qualcuno è stato felice. là fuori il modo in cui le cose passano e da un momento all'altro tutto può sparire continua a seguire leggi sconosciute. ma oggi tutto ok. nessuna tragedia ha incrociato la mia via, chissà quante ce n'erano, dietro alle porte chiuse delle case delle persone.

è passata un'altra giornata inquieta ma sono qui, quindi tutto ok.

a correre mi hanno inseguito quattro cani assurdi che sembravano usciti da un film dell'orrore, urlavano come matti ma era tutta scena. sono arrivata in cima a una stradina e ho scoperto che era a fondo chiuso. c'erano due cancelli di case abbandonate. c'era questa casa incredibile, spoglia, inquietante, di cui non vedevo il tetto perchè davanti gli si parava una serie di betulle che si infittivano sempre più. il classico posto pieno di fantasmi. pieno di foglie secche scricchiolanti. al ritorno, in un prato nebbioso, delle mucche enormi con la testa minuscola seguono coi loro occhietti lucidi il mio passaggio. sembrano OGM. non so, sembrano create in laboratorio. passo oltre. una capra dalle corna giganti e ritorte non fa che belare in modo stupido e lamentoso. sembra che dica qualcosa. non capisco e corro via. i cani di merda mi rincorrono di nuovo. il cielo è grigiastro, umido. la messa è finita e dalla chiesetta in fondo alla strada esce un fiume di vecchiette infagottate nonostante faccia caldo. mi sorridono. sembrano sussurrare:
tutto procede bene nel mondo, signore.
oggi è passato un altro giorno, signore.
mi ricordo sempre di quel che diceva agostino. sull'essere inquieti intendo.
non l'ho mai dimenticato, signore.
l'ho segnato tra le cose da non dimenticare.

Tuesday, October 14

spesa









sono andata a fare la spesa l'altra sera, appena tornata da correre.
c'è qualcosa di strano e divertente e fantastico nel fare la spesa dopo aver corso.
c'è assolutamente qualcosa di fuori di testa in tutto questo. mi piace andare in quel supermercato scassato di sera.
mi piace accorgermi di quanto lentamente il giorno si sia accorciato. la via è arancione sotto le luci. l'asfalto è perfettamente liscio. non è lo stesso buio dell'estate.
le luci in cima alla salita mi dicono che è ancora aperto. macchine scendono dalla strada, qualche disperso torna a casa. la sera è sempre viva.
ho sempre amato quel supermercato; adesso il suo squallore è ancora più accentuato dalle luci al neon che come un faro si stagliano nella via buia. ha sempre fatto schifo, come supermercato. c'è questo pavimento giallo, fatto di quelle vecchie mattonelle rettangolari che si usano per i terrazzi. il soffitto è indefinito. alzando lo sguardo, del cemento grigiastro e striato ti osserva dall'alto. le lampade al neon stanno appese a lunghissimi sostegni. c'è come uno strato di qualcosa su ogni oggetto. c'è come qualcosa che mi attira in tutto questo.
passo oltre il reparto verdura. stanno pulendo i banchi della macelleria. una commessa lucida energicamente la superficie metallica col corpo proteso in avanti dentro alla vetrina. poco più in là del sangue non ancora pulito si perde in rigagnoli bordeaux. i conigli se ne stanno coi loro occhi bianchi a fissare il vuoto, nudi uno accanto all'altro, le zampette slanciate in avanti verso il fondo del banco. nessuno li ha comprati dannazione. nessuno oggi se li è voluti portare a casa per poi tagliarli a pezzi con quell'aggeggio, loro lì soli sul tagliere e quel rumore secco e il soffritto sfrigolante ad aspettarli, e così finalmente anche questo avrà forse un senso. ma niente; per stasera continueranno a fissare il vuoto sdraiati sul metallo freddo.
passo oltre. c'è odore di alcol. non mi ricordo cosa devo prendere. c'è odore di lisoform. il figlio del proprietario, un tipo sulla trentina, se ne sta seduto sui bancali colmi di cartoni di latte UHT, e smanetta col cellulare. sta sempre così, su quei cazzo di cartoni del latte che magari si schiacceranno pure, non è mica un bambino. improvvisamente mi ricordo di quando io e stefano alle medie venivamo qui a rubare caramelle, cicche e tutto quello che poteva stare nelle tasche. era divertente. lo facevamo senza cattiveria. ricordo il proprietario, che era già abbastanza vecchio, che di tanto in tanto ci osservava con quei suoi occhi da pazzo e l'andatura lenta. non ci hanno mai scoperto. era sempre vestito uguale. vagava così, nel suo piccolo impero fatto di corridoi e scaffali e luci al neon e scatoloni ammassati negli angoli.
continuo il mio giro, mi perdo a guardare le salse, c'è pure il burro di arachidi in mezzo a varie schifezze.
il cemento mi guarda.
gli scaffali mi sembrano senza senso.
ogni cosa non è che una cosa, e se sparisse dalla faccia della terra per me non farebbe differenza.
alla fine compro solo quello che mi serve. dà una certa soddisfazione riuscire a prendere solo quello per cui si era venuti evitando tutte le altre cazzate che ti si parano davanti nel frattempo. alla fine infatti esce una spesa insensata. la cassiera afferra le cose con le sue assurde unghie da pornostar e le lancia oltre quella specie di tapis roulant. per fortuna che la mia stupida spesa non comprende niente di fragile. lei afferra e lancia. afferra e lancia, che siano uova o bottiglie di birra. lancia tutto dannazione e nel frattempo confabula urlando con la vicina di cassa che è dall'altra parte.
prendo il mio resto e me ne vado. il neon lentamente si allontana. il cemento e gli scaffali ora guardano altrove. me ne vado col mio sacchetto insensato. non riesco neanche a tenerlo in mano perchè c'è un porro che getta in fuori tutto il suo fogliame verde oltre la mia mano sbattendo ovunque. devo trattenermi con tutte le mie forze per non scoppiare a ridere. è una spesa totalmente insensata. oltre al porro c'è della candeggina, dello jogurt, tonnellate di golia bianca, una lattina di coca cola che devo ancora capire perchè ho preso visto che non mi piace neanche tanto. sentivo di doverla prendere. mi serviva a qualcosa che non ricordo.
scendendo lungo la strada scorgo la luna che disegna il profilo nero della montagna contro il cielo.
il sacchetto con la spesa insensata sobbalza attaccato alla mia mano. resisto alla tentazione di aprire le goliabianca per divorarne un paio.
giro nella mia via, sull'asfalto arancione. gli alberi creano una galleria di foglie gialle sopra la mia testa.
questo giorno è finito e tutto è andato bene.
questo giorno è finito e per una volta è tutto chiaro.
la sera è fresca e tutto è sotto controllo.


mi piace andare al supermercato dopo aver corso.

Friday, October 3

altri fantasmi



era nei miei jeans. era nei miei jeans dannazione e non so come cazzo ci è finito. era nei miei jeans e non so perchè mi è tornato in mano oggi.
oggi è veramente una giornata di merda.
era un po' che non capitava una giornata così.
come al solito, e come per tutte le ultime giornate di merda che ci sono state, la colpa è per il 99% mia; il restante 1% suppongo sia dettato dal caso.
nonostante tutti questi ragionamenti, è e resta uno schifo di giornata.
questo giorno non ha colpa. fuori le cose fanno il loro dovere, le nuvole scaricano pioggia, il vento le sposta, dei merli neri si avventano sulle bacche del cespuglio qua sotto, qualche foglia inizia a cadere.
il mondo non ha colpa di tutto questo. il mondo è fatto per girare e portarci con sè. il giorno fuori di qui è nitido e chiaro, segue la sua logica da milioni di anni, segue i suoi ritmi da molto prima che noi potessimo ragionarci su. questo giorno non ha colpa se io mi sento di merda o se trovo un biglietto nei jeans o se oggi è una giornata stupida, per me.
perchè io non sono un albero, o un sasso. non sono una dannata cosa fissa e ferma che non può far niente. io non sono una pianta, che se ne sta là fuori a prendersi le intemperie, non sono uno scoglio che si prende le onde del mare finchè non diventa liscio, levigato e finchè dopo millenni non ritorna sabbia.

io so di poter correr via.

questo giorno non ha colpa. fuori continue occhiate di sole non fanno che peggiorare la situazione.

fantasmi

Tuesday, September 16

Da qualche parte qualcuno sta sognando

C'era questo vitellino che dormiva, in una mattina fresca, ignaro di tutto e di tutti. Per lui il giorno non è ancora iniziato, chissà se sta sognando. E se sogna cosa potrà mai sognare? Erba erba erba, fili d'erba diversi, terra scura, notti di pioggia. Ma lui ora dorme, scosso ogni tanto da fremiti impercettibili, mentre tutt'intorno la giornata è appena nata e la terra comincia a scaldarsi. Sto a guardarlo, dorme come un bambino, ma cosa si ricorderà di questo giorno uguale agli altri? La sua vita è come il suo sonno, non c'è prima nè dopo, non ci sono ricordi nè nostalgia di una passata felicità. Si sveglierà, tra poco, e vivrà di attimi contingenti di cui non ricorderà nulla, vivrà nel tempo come una meteora impazzita, in una veglia che è come sonno, senza ricordi senza sogni, niente passato e niente futuro, una meravigliosa esistenza senza storia.
Io sono qui, mi alzo la mattina e vado a letto la sera, e mangio bevo parlo penso rido guardo le nuvole correre veloci, guardo tutto questo andarsene da qualche parte. Sento che c'è qualcos'altro da capire. Lo sai, lo sai che c'è sempre qualcosa che ti sfugge.



" O greggia mia che posi, oh te beata,

Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perché giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu se' queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perché giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
"

Sunday, September 14

revelations

cazzo vedo il mio futuro!!!
Merda è sparito...
Cavoli vi giuro che l’ho visto.....bè non era proprio il mio futuro, ma una specie di visione interstellare e filosofica sul futuro e lo scopo dell’umanità. Comunque fa niente, ora è sparita e io torno alla mia vita normale.

Thursday, September 4

sms

[proseguono pezzi di scritti di quando andavo a scuola....divertitevi]
7dicembre2005h.18.51
mi ha scritto la stefania che se n’è andata dalla nostra classe due anni fa….le rispondo normalmente come faccio normalmente ovvero senza infarcire il messaggio di baci bacini e sdolcinatezze ipocrite, ma non sono ugualmente soddisfatta. Cazzo come posso dirle che ora in classe l’hanno relegata nello scaffale dei coglioni dimenticati di cui ci si può burlare come se non fossero più persone? Perchè siccome una se ne va e puoi star sicuro che non tornarà mai più, che non dovrai più averci a che fare, allora puoi fottertene e trattarla come se fosse una merda e puoi dire di lei tutto quello che vuoi perchè lei non verrà mai a dirti – hey che cazzo dici su di me? - e poi anche se tornasse non avrebbe mai il coraggio di risponderti... merda ci godono loro a fare queste cose. Se io me ne andassi vorrei sapere cosa direbbero. Anzi lo so già, ma tanto chissenefrega.

La scuola è sempre la stessa.e quelle troiette non cambiano...anzi ora si odiano e si scannano fra loro!Cmq va bene,a parte la convivenza.volano insulti!

Ecco questo è quello che le ho scritto e non è esattamente la verità. Non è tutto così divertente come appare dai punti esclamativi, ma meglio non deprimerla troppo. Tanto alla fine anche a me non me ne frega proprio un cazzo di lei. Perchècazzo dovrei preoccuparmi di lei? Perchè devo sempre essere la paladina degli afflitti? Dico tanto ma ora le rispondo solo perchè questo è solo uno stupidissimo messaggio ma non le telefonerei mai, non riuscirei mai a farlo. Cazzo non me ne frega proprio niente di lei, lei e tutti quelli che sono passati da quella classe di merda e poi se ne sono andati. E poi probabilmente li odio perchè mentre loro se ne sono andati io sono ancora qui merda. Merda. Vaffanculo......

Wednesday, September 3

I am the resurrection and the life. Whoever believes in me, though he die, yet shall he live
and whoever lives and believes in me shall never die.

Tuesday, September 2

cronache da un lunapark - dubai 2006

[ Un po' di pazzi resoconti del viaggio a dubai del 2006. Tutte le altre foto le trovate QUI ]

STORE GUIDE. È scritto sulla mappa del mall, di fianco alla foto di una tipa molto occidentale seduta davanti a un drink con le mani presumibilmente strabordanti di sacchetti. Un foto un po’ del cavolo, tutta sui toni del blu, e la scritta arancione nel mezzo. La guida l’ho presa la prima volta che ci sono andata, nel mall, quella mattina in cui daddy doveva stare in ufficio. Veramente non ricordo la sensazione del primo giorno. Il fatto è che io non avevo capito che fosse così grande. E poi all’inizio non c’era nessuna sensazione, siamo arrivati all'hotel alle sei di mattina e io ero tutta presa dalla hall alta una ventina di metri, non riuscivo a staccare gli occhi dai muri di acqua in movimento dietro ai banchi della reception. Il pavimento candido di marmo e una serie di divani enormi fatti a onda, e un gran freddo secco. È una cosa a cui ci si abitua dopo un po’ di giorni, l’impatto con l’aria condizionata rispetto alla sauna umida che c’è fuori. Poi il tipo della reception ha detto, incalzato dalle domande un po’ sconvolte di daddy: yes sir, yes, ski dubai is there. You can see the slopes from the mall, it’s just straight over there. Slopes?? Ci sono delle piste da sci. È normale. In fondo alla hall, in lontananza, c’è una vetrata da cui si intravede un paesaggio biancastro. Il tipo mi guarda e dice con aria normalissima, raggiante e sorridente: go! You can go. It’s over there. Già l’avevo vista dal taxi, la pista racchiusa nell’astronave di metallo, e mi sembrava sconvolgente che il nostro hotel fosse proprio lì. Ci avevano spediti proprio sopra ski dubai, senza che nessuno ce l’avesse detto.


Ecco il mall, oltre la porta a vetri e gli scalini bianchi che lo separano dalla hall dell'albergo. Un po’ più in là, c’è la neve. Dietro i vetri sta nevicando fitto, e sull’alberello finto e il ponte di legno e la pista di bob c’è già uno stratino bianco. Mi avvicino al vetro tutto bagnato, dove la condensa cola fino a formare un laghetto sul davanzale che sta sotto. Più tardi mi spiegheranno che la notte nevica fino alla mattina presto. Siamo arrivati in tempo per la nevicata, sono le sei e mezzo. Intorno c’è il mall, ma io non so ancora cosa significhi, non so che i corridoi che vedo alla mia sinistra vanno avanti quasi all’infinito e che è pieno di scale e negozi e bar e ristoranti. Sono tutte cose che vedi solo gli ultimi giorni, e siccome una settimana non è sufficente a immagazzinarle tutte, ti perseguitano per giorni anche quando sei tornato nel mondo normale.

Una delle ultime sere ero lì che giravo nell’unica zona del mall dove riuscivo ad orientarmi decentemente, stavo aspettando daddy per mangiare. Nel frattempo giro un po’ a caso, pensando in quale della fila di dieci ristoranti possiamo mangiare stasera. Questa è la food court n.1 del 2nd floor del mall of the emirates. I ristoranti stanno tutti attaccati, con i tavoli uno accanto all’altro in un enorme area aperta, in ordinate file dove confinano ristoranti giapponesi con indiani e indiani con iraniani e iraniani con libanesi. Famigliole saudite grasse, molto grasse, mangiano ai tavoli, capifamiglia debordanti in abitone bianco e kefiah rossa pulitissima stanno in bilico sulle seggiole. Io scorro tutti i ristoranti guardando i menu come se dovessi scegliere un pacchetto da comprare al supermercato; è pieno di nomi pieni di k e h e j in posizioni inpronunciabili, e sotto un’appossimativa descrizione della pietanza in inglese. C’è questo grande menu su un piedistallo, davanti a tre gradini che conducono all’area in fondo alla quale c’è il ristorante vero e proprio, inteso come cucina, cassa, eccetera. La scelta è difficile dannazione. Mi guardo intorno, brulica di gente e donne tutte nere con visibili solo gli occhi ben truccati. Ragazzi molto alti molto magri molto abbronzati e molto belli nella loro tunica bianca e la kefiah arrotolata sulla testa sembrano muoversi veloci come se fossero sospesi a pochi centimetri da terra. Altri vanno lenti con aria sofferente, hanno tutti degli assurdi sandali molto simili tra loro, differenziati soltanto dal tipo di pelle di cui sono fatti, il più orrendo è stato sicuramente uno in pelle di struzzo, lucidissimo e sciabattante sullo splendente pavimento di marmo del mall.

In ogni caso sono ancora ferma alla scelta del pacco cena per stasera, una sera così speciale, fra tutte queste luci e questo risplendere di cose e di benessere, e la mia piccolezza in mezzo alla food court mi fa sentire strana e sento che l’unica cosa che posso fare per interagire con tutto questo è, a parte lanciarmi nello shopping, scegliere un ristorante e mangiare.

La scelta è resa più complicata dall’odore penetrante dei pop corn dolci che viene dalle circa quindici casse e bar del cinema multisala che c’è di fianco alla zona ristoranti. Una cosa che ti fa passare la fame e ti confonde totalmente. Niente è normale, qui. Il luna park per adulti se ne sbatte di tutto, non ti fa pensare a niente, ti abbraccia con la sua grandezza e ti riempie gli occhi e la giornata, e non ti fa preoccupare di nulla. Qui tutto è pulito e ordinato, è qui per te, tu che non ti accorgi dell’omino indiano ben vestito che passa l’enorme lucida-pavimenti a forma di forbice inosservato, perchè i pavimenti del MOE siano sempre splendenti, per te. Non ti lasciano neanche il tempo di chiederti cosa c’è dietro, il tuo compito è non preoccuparti, adesso. Niente è normale perchè tutto è troppo perfetto, i ristoranti hanno tavoli attaccati ma a nessuno frega della concorrenza, non è che quelli del messicano ce l’hanno con quelli di fianco o roba simile. Anche il profitto è artificiale, anche quello che vanno a guadagnare oggi e domani è in qualche modo garantito, è già stato calcolato. Anche tu visitatore sei già stato calcolato. Mi godo questo momento di euforia per la mia entità di numero di visitatore, mi godo il mio posto nelle previsioni numeriche che qualcuno avrà disegnato su una lavagnetta a proposito del turismo a dubai del 2006. Non è divertente? Stare qui è bello, sembra proprio tutto quello che ti serve sia qui. Ci saranno momenti peggiori, ora sono fresca e tranquilla e aspetto solo di mangiare.

Gli ultimi giorni invece, quando andavo al mall sempre più tardi, la cosa diventava abbastanza stancante. Cercare un negozio con la mappa in mano e andarci a piedi era una fatica terribile. Cammino velocemente, ma il posto sembra sempre più lontano, ci sono queste cazzo di scale mobili sparse per ogni dove ma sono lontano da dove sei tu e generalmente scendono quando ti serve che salgano e viceversa. Supero l’enorme area giochi per bambini, con riproduzioni ad altezza uomo di animaletti tipo mosche e zanzare. In questa zona il tetto è di vetro blu fatto ad arco e trasparente sulla notte. C’è un incrocio di corridoi lunghissimi e pieni di luce calda e colori tenui, non sono sicura che sia questa la direzione nonostante la mappa con i suoi numeri a tre cifre mi indichi che sì, lo store n.423 è proprio in quella direzione. Mentre avanzo ho l’impressione che ci metterò un sacco di tempo a tornare indietro, e pensieri del cazzo mi affolano la mente annebbiata dalla stanchezza. Non ho fame. Non ho mangiato niente oggi, ma non ho fame, è come se lo stomaco mi si fosse ristretto. Solo che se non mangio svengo perchè non ho più molte energie. Poi in effetti la temperatura fresca del mall oltre a congelarmi le ginocchia mi stimola leggermente l’appetito. Ho perennemente voglia di un milkshake, ma non trovo il posto dove l’avevamo preso l’altra volta, non ho idea di dove sia nella selva di numeri di bar che sono sulla mappa, e comunque sono sicura che è dalla parte opposta rispetto a dove mi trovo adesso. Continuo a pensare a dove sarà daddy e spero che torni presto perchè ho bisogno di sedermi e mangiare qualcosa per scaldarmi. Esploro una zona del mall sconosciuta per passare il tempo, ci sono dei negozietti abbastanza stupidi pieni di cose arabe molto turistiche tipo cammellini di legno di varie misure o caffettiere di ottone tutte decorate. Mi perdo in mezzo ai souvenir, non compro niente, non ricordo se per mancanza di soldi o per noia. Poi continuo a camminare per i corridoi. La luce riflessa dai corrimano dorati e i muri pulitissimi e il lieve sottofondo musicale di voci e musichetta ambient mi frastornano.

Le vans sottili ai miei piedi trasmettono al mio corpo il duro del marmo; lo guardo distrattamente, mi vedo riflessa tanto è lucido. Ho le ginocchia congelate e i piedi che mi fanno abbastanza male ma in un impeto di eroismo apro la mappa e mi concentro per ricordare il nome del dannato posto dove avevamo preso il milkshake al mango con daddy. C’è un’altra food court segnata sulla mappa, cercando di non pensare quanto è lontana mi avvio incerta, ci arrivo ma non c’è traccia di ristoranti, mi accorgo che la bastarda è al second floor cazzo ecco perchè. La scala mobile non si trova. La individuo rabbiosamente e le vado incontro. Il milkshake è là, il posto ha un nome che ispira cibi sani ma non è altro che uno dei bar e fast food che affollano questa food court, molto meno raffinata di quella dove andiamo di solito; quassù c’è pure un mongolian barbecue e un noto mc donalds senza carne di maiale. Non so perchè ma alla fine non prendo il milkshake, qualcosa mi distrae, qualcuna delle mille cose che ti trascinano senza meta da una parte all’altra del mall, poi mi chiama daddy che ce l’ha fatta a riconsegnare la macchina a noleggio e così devo tornare della nostra zona, al ristorante che non ho ancora scelto.


Le famigliole saudite hanno già mangiato e se ne vanno dondolanti, gruppetti di donne nere ridono e parlano concitate tra loro, borsetta molto fashion sulla spalla, occhiali neri alcune, incredibilmente normali a parte il coso nero. Davanti alle vetrate di ski dubai i sauditi guardano rapiti la neve. Fuori, appena fuori dal mall e dall’hotel, nenche tanto lontano da tutto questo, la fila di valet parking (parcheggiatori) in divisa elegantissima suda nella notte bollente. Operai con le tute uguali tornano o vanno al lavoro sui pulmini scassati che camminano lenti su una corsia della sheik zayed road; certi non hanno nemmeno la portiera. Intanto la nostra vita scorre normalmente nel mall. È ora di mangiare e io e daddy ci sediamo al ristorante indiano, dove ci serve una tipa filippina. Più in là, al ristorante italiano, camerieri e cameriere cinesi vestiti con un cappellino di paglia fanno coppia con lo stile vagamente napoletano dell’interno della sala, con tanto di finte finestre e finti panni stesi e oliere e altre cavolate mediterranee dipinte sui muri. Odore di pop-corn dal cinema multisala poco più in là. Il nostro tavolo confina con quello giapponese. Camerieri di nazionalità opposte rispetto al ristorante dove lavorano servono ai tavoli. Confusione. Ti chiedono le cose in un inglese incomprensibile e molto approssimativo. Molta confusione. Odore di sushi misto a kebab e a pop corn.
Gli omini con la kefiah non smettono di guardare la neve.

Tuesday, July 15

motor party



11-12 luglio Motor Party alla Spessa a Clusone..... due seratone sia venerdì che sabato visto che per fortuna non ha piovuto più di tanto (la lavata l'ho presa solo venerdì)....inoltre ottime prove degli amici scalvini del motoclub nelle gare di enduro di sabato...! Purtroppo niente foto dei deliri successivi per mancanza di fotocamera / cellulare decente.....sorry....
(se volete foto decisamente più professionali le trovate QUI , da cui io ho anche rubato queste due...)

Monday, July 14

fantasia locale

Un po' di cartelli e altre cose strane dalla Puglia e non....


??? [Bagno di un bar a Leuca]



ma perchè?? [porto di Gallipoli]




Sono d'accordo



Un po' di finezza locale (Lecce)




Viva il porceddu.....

Friday, July 4

BLU

in attesa di un po' di resoconto dettagliato, e di una galleria seria, qui c'è qualche foto dal Salento....e poi non dite che di posti così non ce ne sono in Italia.....


Faraglione a Sant'Andrea



Porto Selvaggio dalla scogliera




Porto Selvaggio


Gallipoli


Otranto dalla rocca





Qualche foto delle grotte di Leuca







Tre Porte




Io e Borre, pazzo olandese, alle Tre Porte di Leuca



Qualche salto dalle rocce con Borre, sempre a Leuca





Altro cliff, vicino Santa Caterina