Sunday, November 23

Io non sono qui








oh sì. Adesso parliamo di diserzioni. Parliamo cazzo. Voglio sapere, e voglio ricordarmi per poi dimenticare, le volte in cui mi sono arresa. È strano parlarne adesso. Anzi forse è logico parlarne adesso. Questa di oggi è stata una delle volte. Oggi sono stata a sciare, anche se solo dirlo mi sembra una cazzata. Infatti è così, non ho sciato in realtà. Sono scivolata verso valle senza che nulla di tutto quello a cui di solito pensavo sciando mi toccasse. Sono scesa a valle come fanno i sassi gettati in un dirupo. Sbattendo ovunque, senza controllo, senza coscienza, senza storia. Questo non è sciare. Questo non è un cazzo. Forse è per questo che adesso che il sole è calato e io sono di nuovo a casa, davanti alla tastiera, inquieta e antipatica come non mai, mi sento di merda. Quando succede, devo sempre indagare il motivo per cui mi sento così. Ho un odio, un qualcosa che fa male un qualcosa di non detto un qualcosa di irrisolto. Eppure non è un odio mirato, diretto, percepibile. Io non sento niente.

Sono su un tavolo operatorio. Gente in scafandri bianchi sta per squartarmi. Stanno per squartarmi per studiare il perchè di tutto questo. Hanno in mano bisturi lucenti e la stanza è piena di provette se mai dovessero trovare il virus. Sono anestetizzata, non sento niente, provo mille sentimenti ma nessuno mi interessa. Ca
zzo, adesso questi tipi in tuta bianca mi ammazzano.

Non so, oggi è così. Me ne sto qui a cercare di capire cazzo. E in tutto ciò riesce sempre a divertirmi il modo in cui il mio cervello va in pappa quando tutto sembrava filare liscio. Mi sorprende sempre, il demone, arriva all’improvviso dopo mesi di letargo e mi spinge giù dal filo su cui finalmente avevo trovato un equilibrio. È veramente un genio. Non riesco mai a fermarlo prima che venga a far danni.
Perchè io sono altrove. Questa sera è così inquieta e tutto trema ed è strano perchè oggi è stata una giornata insensata. Perchè oggi io ero una persona insensata. Oggi ero un sasso che rotolava a valle senza sentire dolore, senza sentire paura, senza provare desideri, senza volere nulla. Tutto mi attraversa, niente resta a confortarmi e dire hey, sei qui, sei viva. Alzati e corri via, lo sai che puoi. Invece ero sulla terrazza in cima, quella di quest'estate, in un sole splendente, la mia cima e la mia terrazza e la mia valle che avevo visto mille volte in mille fredde mattine di agosto, nel silenzio totale. Ma adesso brulica di persone che fanno casino. Brulica di cose che non vorrei vedere.
Io non sono qui. Dietro di me, l’ho visto prima con la coda dell’occhio, c’è uno che se ne sta tranquillo, al sole; l’avevo visto la stagione scorsa in pora; mi ricordo la sua faccia; lui era di quelli che sono passati; lui era uno dei fortunati vincitori. Ne ho visto altri. Ne ho visto tanti. Sorridono e ridono e se la spassano e si divertono e sono tranquilli e pensano di essere nel giusto.
La realtà ha un significato diverso per loro, credo. Questo giorno ha un significato diverso per loro, giusto? Questo è un inizio, per loro.
Sento che quel tipo è lì dietro.
Non provo niente.
Non sento niente.
Sono un automa in cima a una montagna.
Io non sono qui. Non voglio più vedere queste facce. Non voglio più sentir parlare. Non voglio niente.

La valle è nitida, l’orizzonte si perde in una lontanissima foschia.
Sono io sulla mia cresta, ma stavolta correr via non risolve nulla.
Dei corvi volteggiano in cielo, e aspettano che tutti se ne vadano per scendere quaggiù a divorare le briciole di tutto questo.

Ma questa è la mia cresta, forse posso ancora correr via.
Magari non oggi. Domani, se verrà ancora più neve, potrò scivolare via anch'io, come le slavine in primavera.
Forse, ancora una volta, possiamo scappare.



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