Wednesday, April 29

Never again

Never again è la parola. Il nano la pronuncia lentamente. E' una preghiera, deduco. E' qualcosa di cui ignoro la provenienza. Io stavolta ce l'ho fatta. Si suppone ci siano stati altri tentativi. Tanti. Andati male prima di questo. Queste parole risuonano in una hall affollata. Non risuonano in realtà. Escono e basta. Si fa presto a dimenticare tutto. I quadri insensati che stanno alle pareti vedono queste scene tutti i giorni senza preoccuparsi.
Dev'esserci qualcosa che non va, comunque. Questo è un esperimento. C'è come un cortocircuito nella mia testa. C'è anche un odore di torta che vaga qua attorno, che dovrebbe farmi piacere e invece è nauseante.

Never again

è la parola. Il nano la ripete di nuovo. Ancora e ancora. E io penso che dovrei mettermi a fare una serie di cose che però non ricordo, che dovrei mettermi in moto come l'auto quando giri la chiave, e che dovrei alzarmi di scatto e correre via.
La verità è che proprio un attimo fa, mentre armeggiavo attorno al computer nella penombra, ho visto un bicchiere pieno d'acqua, quello che ci avevo messo un attimo prima. E ho pensato, l'ho proprio pensato bene, che non avrei dovuto fare gesti bruschi, ho immaginato seriamente cosa sarebbe successo se l'avessi come al solito preso dentro. Ma niente. Proprio mentre lo pensavo ero talmente distratta che ci sono riuscita, a prenderlo dentro.
L'acqua si è rovesciata piano, nel buio, senza che la vedessi, meravigliosa, e sembrava deridermi, mentre si avvicinava minacciosamente al computer in rivoli silenziosi, dove la luce dello schermo ora si riflette deformata, e sembra dirmi guarda, guarda ora come sei

disordinata
strana
confusa
spezzata

Un tempo -
le cose -
erano diverse.


Sunday, April 26

i live among the creatures of the night

fuori dalla mia finestra è ancora chiaro. fuori dalla mia finestra il lampione si sta prendendo una lavata memorabile. lui e gli alberi con le foglioline verde chiaro ancora accartocciate. e i maggiolini che stavano uscendo fuori in questi giorni, ora saranno portati via dai ruscelli di acqua, a pancia in su, incapaci di muoversi, sfigati come sempre. ma oggi voglio essere meno rompipalle del solito, quindi ho messo su un po' di musica anni 80. quelle strane canzoni che sembrano contorcersi in suoni strani e ansiosi. dovevano aver paura di qualcosa. eppure è stato carino, nascere negli anni ottanta. crescere nei novanta. tutto aveva qualcosa in più. tutto era più vero. delle cose nuove, di quelle che sarebbero poi state definite rivoluzioni potevi vedere l'inizio, potevi ancora percorrere all'indietro la strada e rivedere ancora una volta da dove eravamo partiti. cosa eravamo. adesso i ragazzini, maledetti, pensano che la play3 sia la norma. pensano che sia saltata fuori così. non hanno visto niente, i bastardi. non sanno niente. non hanno neanche voglia, non gli interessa, vedere da dove veniamo. non sanno da dove vengono. questo è dannoso cazzo. non sanno niente di metroid che si appallottola e dei mostri fatti di pixel, i veri pixel quadrati, nè degli infiniti livelli di mario. non sono nostalgica. ma io la strada la voglio veder bene. voglio sapere da dove vengo. la so la strada. la so e basta, dannazione.

Sunday, April 5

prima che sia ora

Sono in ritardo come al solito. questa nuova tastiera è strana. scrivere ha un suono felpato. ma lasciamo perdere la nuova tastiera. è pure senza fili, il che mi ha fatto perdere cinque minuti perchè non riuscivo a trovare un motivo plausibile per cui quello che ora io batto qui, arrivi sullo schermo senza nessun cavo o altro collegamento. così sono stata due ore a guardare e rigirare la tastiera come un selvaggio sconvolto dalla più basilare innovazione tecnologica. vabbè.
in realtà il motivo di tutto ciò era che devo fare un elenco. anzi, devo continuarne uno. mancano 23 cose, a quanto mi risulta, e devo segnarmi quelle che proprio non devono mancare.
23. un attimo fa ero sotto la doccia. la odio, la doccia che c'è qui. insomma...diciamo che non mi piace eccessivamente. comunque, me ne stavo lì ad aspettare che diventasse un po' più calda, ma proprio non voleva saperne. fisso una boccetta di bagnoschiuma di quelle mini da hotel. c'è scritta una marea di cazzate su quanto quel sapone giallastro emani essenze tribali e che le figure scolpite sulla plastica del contenitore simboleggino il modern traveller. e dopo tutto questo, la cazzo di doccia è ancora tiepidina. neanche fossi all'albani. ricordo docce che non si scaldavano mai, per un qualche oscuro capriccio del boiler di sopra. mi stavo anche ammazzando su uno sgabello a tre gambe per cercare di sistemarlo, il dannato boiler. ma questi sono tutti ricordi fantastici, anche se si tratta di una doccia fredda. e poi ricordo di una doccia bollente in cui stavo come in trance dopo essere salita su in tempo record mezza collassata e facendo l'ultimo pezzo sotto un'acquazzone. semplicemente fantastico.

22. la vicina. devo parlare della mia vicina.
21. il fotografo e la sua mania di bruciare schifezze nel camino, oltre che di cercare come un avvoltoio incidenti mortali in giro per la valle.
venti altre cose che vorrei ricordarmi, ma adesso ho troppa fame e sono troppo stanca. anche la tastiera mi si rivolta contro. scrive cose che io non ho battuto sui tasti.