Sunday, May 1

walden



Non mi piace abbandonarmi al relax sfrenato, all'abbondanza ricercata e consumata come se non ci fosse un domani. Piatti elaborati, dessert alla fiamma, cioccolato di varie provenienze, frutta esotica arrivata chissà come in una valle sperduta, mentre fuori piove, e dentro al calduccio si mangia e si beve senza curarsi di nulla. É vero, di che cosa ci si dovrebbe preoccupare? Della pioggia che cade nel bosco? Delle bestioline che al buio ne ascoltano il rumore? Lo so, che il nostro posto é dentro, a bere e mangiare e gozzovigliare, so bene che noi possiamo farlo ed è forse nella nostra natura farlo, ma nonostante questo non mi ci posso abituare. Mi sento fuori posto. Resisto per poco, poi il pensiero del fuori mi assale. La nostalgia per la libertà della natura è insopprimibile. È una nostalgia che non potrà mai in alcun modo risolversi: dev'essere il residuo della nostra esistenza inorganica, del nostro essere in fondo enti naturali che alla natura da cui si sono staccati tentano nuovamente di assimilarsi.
Il cibo che arriva già sul piatto, la sua abbondanza e complessità è nauseante, è semplicemente in più, di troppo; è qualcosa di immeritato, che non ha ragion d'essere. Eppure ognuno è libero di fare quel che vuole, di andare dove gli pare, e non c’è proprio nulla di male. Si sceglie con cura la strada da prendere e le sbarre in cui chiudersi, per apparire vincenti, amanti della bella vita, quella a buon mercato della classe media; apparire non noiosi, ma liberi e soddisfatti, capaci di godersela in modi che tutti approvano.
Di fronte a questo scenario, la mia mite attrazione per il bosco notturno, per i luoghi lontani e solitari, per le cose più semplici e tranquille, appare giustamente ridicola e fuori luogo, fuori tempo, incomprensibile. Meglio tenerla nascosta a chi non può capire.
Sento la pioggia battere sul tetto e so che cadrà anche in mille posti diversi non troppo lontani da qui, e forse in alto sarà neve e non farà rumore; e quella volta che sono uscita in piena notte dalla camera dove tutti dormivano la montagna mi guardava ed era chiara, nitida, trasparente nell'aria gelida; nel cielo a fianco a lei un'unica nuvola passava davanti alla luna, e la luna abbagliante e riflessa sulla neve rendeva azzurro tutto il paesaggio. C'erano ancora molte ore da dormire ma io non sarei più rientrata.


Aspettando il Gran Paradiso, 24 aprile 2016.