Monday, July 5

Che aria respiri oggi?


Che aria respiri oggi? Controlla l’aria della tua città e leggi le notizie verdi!

Questo è quello che mi propone la pagina iniziale di Firefox. Che aria si respira? Parliamone pure. Potremmo parlare anche di Cinture per l’estate: quali colori? Non so, scegliete pure. Queste sono le alternative. Io sono qui, e ho tante, mille alternative. Non nel passato, ma ora. Ora che batto sui tasti, con in testa una serie di cose che mi fanno rabbia. Quasi tutte le cose che mi vengono in mente mi fanno rabbia. Ora ho finito le risorse. Non so, mi sembra che tutto stia finendo, quando invece non è nemmeno iniziato un bel niente. Sento, ed è un’intuizione presente, chiarissima e dolorosa, che ci sono tante cose che mi aspettano. Che io potrei, vorrei, ma che non aspettano in eterno. Sono treni. È come abitare davanti alla stazione senza esserci mai entrati. Senti il rombo del treno, meraviglioso, che sa di cose nuove e possibili e di futuro. Ce ne sono tanti, di treni. Passano anche vicino a te. Spostano l’aria di fianco a te. Torna l’intuizione improvvisa. Non puoi farci niente.

Le offerte della settimana!

Non so che dire, delle offerte della settimana. Non riesco a convincermi a studiare. Proprio non mi interessa. Già vedo la scena. Mi sembra che ci sia sempre qualcosa che mi sfugge. E lo so che niente lo si capisce mai completamente, questo succede sempre. Ma stavolta ci sono troppi buchi. La scena me la vedo davanti semplice e chiara. Farà caldo e sarà una stupida aula grigiastra. Io scapperò con lo sguardo fuori dai finestroni. Immaginerò cose, attaccherò le mie parole, i concetti, alle cose che vedo fuori. Ad esempio una cosa come la ragione antagonista avrà la forma della scala marroncina dall’altra parte del cortile, e i mattoncini bianchi sul muro di fronte raffigureranno perfettamente il concetto di mistificazione. È sempre così. Legare i concetti che si formano in testa a delle immagini fuori, forse per maneggiarli meglio. Ma già tutto questo mi fa rabbia. Non ho nessuna voglia di niente di tutto ciò. Vorrei uscire di casa e iniziare a camminare all’infinito in una direzione, senza voltarmi indietro. Sento che niente sarà per sempre. Sento che rimpiangerò le cose di oggi che non ho vissuto a sufficienza. Già qualcosa in me mi dice che questo pensiero è una cazzata. Ma tant’è. Non penso che riuscirò a sopportare più di tanto la concentrazione.

Something is broken. Mi sembra di aver vissuto un sacco. Una sacco di tempo che ora mi appare come disposto ciclicamente. O forse come un specie di parabola. Ora io sto scendendo, nel caso non si fosse capito. Non è una constatazione volutamente pessimista, nè tristemente compiaciuta. È una constatazione, e basta. Qualcosa sta finendo. Mi sembra di essere sopravvissuta fin qui. O meglio, mi sembra che la mia vita fin qui sia stata soprattutto sopravvivenza. Tentativo continuo di non cadere. Suppongo che sia così anche per gli altri esseri umani, anche se quasi nessuno se ne accorge. Danno nomi alle cose che non vanno per illudersi che siano controllabili. Chiamano per nome le cose, le esperienze, le situazioni, e così possono staccarsi da esse, e proseguire. Nessuno vuole ammettere che viviamo nell’angoscia. Ma io sono d’accordo. Vorrei essere dalla parte di chi vive inconsapevole. L’ho sempre voluto. Vorrei dare un nome qualsiasi alle cose che accadono e andare avanti. Invece il miscuglio di cui è fatto il reale mi appare come effettivamente è, confusione e dolore senza redenzione. Eppure io sono la prima a essere ottimista rispetto alla media delle persone. Sono ottimista, in generale, nonostante tutte le stupidate che ho appena detto.

Non mi piace parlare di cazzate. Tipo che palle che piove o che palle che fa caldo oppure fa troppo freddo per essere estate eccetera. Queste cose mi snervano, veramente. Non me ne frega niente.

Ora sono le dodici e trenta. Ho sprecato un’altra mattina nella non-voglia totale. Eppure tante cose intorno a me sono invitanti. Altrettante sono amiche. Chiunque altro nella mia situazione si alzerebbe e andrebbe a farsi un giro fischiettando. Per ora, questa capacità è lontana per me. Le cose non mi sono ostili. Io sono ostile. Mi fisso sulle cose, ci penso troppo. Mi sembra che per tante non valga la pena. Mi sembra che tante siano ormai andate.

A questo punto del percorso, a questo punto della mia personale sopravvivenza, personale distrazione per non vedere le cose che nel mio mondo mi fanno rabbia, è finito qualcosa. Ho finito quel che mi permetteva di andare avanti. È una droga. Qualcosa che prendo goccia a goccia, giorno per giorno, per andare oltre le settimane e farle apparire, in un eventuale e inconscio bilancio, complessivamente accettabili. Ora questa cosa, questo farmaco, è finito. Ora vedo le cose come sono veramente. Le cose senza nessuna aggiunta per farle apparire allettanti.

Magari stiamo dormendo. Magari dormiamo e il nostro corpo è da qualche parte, scosso da spasmi, come il mio gatto ora si muove involontariamente nel sonno. Magari stiamo scappando. Magari un giorno dovremo render conto a qualcuno di questi giorni insensati. Sarà già abbastanza render conto a me stessa. Già ora mi fa sentire di merda.

Per fortuna il tempo non si ferma, nelle situazioni di merda. Siccome va avanti, c’è il cinquanta per cento di possibilità che vada meglio. Tuttavia non è il tempo a risolvere le cose. Il tempo in sè non risolve un bel niente. E’ un’invenzione umana. Anche questo è dare un nome a qualcosa per tenerlo sotto controllo. Attaccarcelo al polso per averlo sempre con noi.

A questo punto vorrei dire qualcosa di carino per concludere in bellezza, ma non mi viene in mente niente. Il mio equilibrio non si è ristabilito. Scrivere questa cazzata non è servito a niente. Temo che molto di tutto questo sia falso. Non mi fido neanche di quello che mi viene in mente, e di quello che scrivo. Per cui, no , non mi interessa sapere che aria respiro oggi. Bastano delle stupide foto su internet di gente che conosco appena perchè io mi perda completamente. Ho appoggiato la testa sul tavolo. Guardo il legno e le venature, ne seguo il disegno che sembra una strada nel deserto. La ventola del computer è un interessante rumore di sottofondo. Non ho fame. Questo è strano. Io ho sempre fame. Ora in questa strana posizione tutto sembra diverso. Voglio sollevare la testa. Voglio decidere qualcosa. Voglio progettare, realizzare e vincere. Voglio che qualcosa vada in porto. Stare con la testa sul tavolo a sentire la ventola del computer non risolve niente. Sperare che queste nuvole estive fuori dalla mia finestra portino una tempesta non risolve niente. Sono stata altre volte con la testa sul tavolo. È una cosa ogni volta nuova. È una posizione adatta per cercare vie d’uscita. Ascoltare questo ronzio. Mi piace. Almeno lui, non potrà durare in eterno.