Tuesday, March 29

Springtime and love

Questo e' il giorno perfetto. Luce chiara. Nuvole di primavera, e la sensazione che tra poco tutto finirà; ma ora no.
Questo e' l'unico tra tutti gli attimi del giorno in cui il tempo si ferma a guardare, e noi sorridiamo con lui.
Il sapere che anche questo giorno finirà non ci dà alcun pensiero; ha un gusto dolce amaro; ha il colore del sole sulla neve; tutto si muove incessante ma le cause prime le ignoriamo. Siamo in attesa, ora.
Questo giorno deve pur finire, giusto?

Monday, March 28

I bambini e noi (tristezza inspiegabile e tardiva in una domenica di febbraio)



Oggi era una giornata splendente ma tutto, tutto era intriso di odio.
Ogni cosa e' pervasa dalla rabbia, che ha dentro paura, terrore, buio, dolore.
I bambini ridono, corrono in giro.
Hanno un sacco di cose da scoprire e poche cose da pensare.
Io oggi sono come i vecchi. A invidiare i bambini e le loro corse e i loro giochi, come se fossero lontanissimi lussi ormai inconcepibili. Sono come i vecchi. Le voci delle cose passate mi chiamano. Le voci dei morti mi circondano.
Le cose che succedono senza motivo mi suggeriscono che e' meglio stare attenti a non farsi ulteriormente male.
Ad accettare quel che si ha e non volere nient'altro di più'. Le voci pervadono ogni cosa, anche la più' bella. Quelle indifferenti le rendono peggio di quanto non siano.
Il futuro, le cose a venire, non hanno un andamento preciso. Quello che mi scorre in testa non ha un andamento preciso.
Dentro di me ogni cosa sente le voci, ogni cosa e' la', rotta, non funziona più'. Sono come i vecchi. Sento che le mie azioni perdono senso.
Succedono cose. Oggi e' stata una giornata splendente per i bambini; per loro non e' stato necessario farsi troppe domande; corrono, vanno, ridono, ogni cosa e' nuova e ogni cosa e' per sempre. Noi viviamo di convenzioni.
Viviamo di cose inventate.
Convenevoli, ruoli.
Oggi ci ho messo mezzora a capire come comunicare qualcosa che somigliasse a un po' di simpatia in un gruppo di miei simili. Sembrava di parlare un'altra lingua. Sembrava di essere stranieri. Ci ho messo mezzora per capire che l'unico modo per non sembrare stupidi era stare zitti, o andarsene con una scusa. E che quello era il massimo concesso dalle regole a cui tutti si e' convenuto di sottoporsi. Le stesse regole rendono a volte impossibile dire qualcosa di sensato senza esser presi per scemi; rendono impossibile dire quello che si vuole dire, semplicemente.
Cosi' oggi ho voluto (o forse l'ho inventato) che fosse una giornata senza luce. Senza occhi e senza entusiasmo. Dietro al cielo blu, qui e ora, buio completo. La neve e' abbagliante sotto il sole tiepido eppure la neve ha ucciso. Tutto qui e' meraviglioso ma io sento i morti urlare. Non c'e' ragione perché questo succeda. Non dovrei vedere in questo modo le cose. So esattamente come le cose andrebbero prese, e affrontate. Ma nessuno ora e' felice; niente in questo momento e' giusto.

Cosi' ora sono immobile. Sono appena tornata a casa. Ho pranzato con qualche fetta di torta, ora ho la nausea.
Fuori e' ancora chiaro ma io non ce l'ho fatta a dare un senso a questa giornata. I bambini da qualche parte ancora giocano.
Ricordo delle domeniche ovattate di un sacco di anni fa. Si andava a fare la gara e poi il pomeriggio a sciare era infinito; c'erano le torte, e quella felicita' strana di quando hai fatto la tua gara e la tensione si sciogle e c'e' tutto il pomeriggio per divertirsi, stare tranquilli al sole, giocare nella neve. Vedo tutto questo come dietro a un vetro. E' sempre più' opaco, sempre più' lontano. Se ne va.
Oggi e' stato come quando una goccia di inchiostro cade nell'acqua, si spande con un guizzo e lentamente invade tutto, e tutto diventa un po' più' blu. Perché e' tutto cosi' faticoso?
Eppure, da qualche parte in questo momento, i bambini ancora giocano.