Tuesday, November 4

Cosa resta


Ma senza più distrazioni
senza più tv
senza più appuntameti nè gente da incontrare
senza la bocca piena di parole
senza più discorsi
senza vestiti da far vedere;
senza più niente del nostro mondo, cosa resta?

Di noi su una spiaggia
chiara, luminosa e deserta
con solo il mare e il cielo come uniche distrazioni, cosa rimane?




Così, eccoci qui. Me ne stavo in quel corridoio della scuola; strano, lungo, enorme; lucido, a tratti abbagliante di luce solare. Stavo lì e pensavo a questa cosa. Era l'anno scorso, più o meno. Tutto stava finendo. E io mi chiedevo: di tutto questo, tutto quel continuo odiare silenzioso, rimuginare, calcolare, e la sensazione che non sarebbe mai finita, non così almeno; di tutto questo, cosa rimane?

Invece finisce così, con un esame che non immaginavo, odiato e aspettato senza particolare paura, che diventa solo un passaggio, una porta, una stanzetta con i banchi disposti a ferro di cavallo, fresca, con le finestre aperte sugli alberi del cortile inondati di sole; ed è lo stesso cortile guardato con sofferenza e odio, sono gli stessi alberi che io dalla classe osservavo fioriti nelle giornate di sole primaverili, quando speravo che non ci fosse, il sole, per non dover stare a pensare a quanto avrei voluto essere da un'altra parte. Eppure sono loro, lì a ondeggiare calmi durante il mio esame, mentre fuori un'arietta più fresca del previsto porta rumori di lavori lontani, totalmente estranei a me e a questo momento. Lo stesso per i professori, che sono lì tranquilli ad aspettare che arrivi il loro turno per fare la domanda, così come io aspetto di rispondere a ognuno; e ciò che ora succede a me è già toccato a quello prima, che ora è fuori ad assaporare quella strana sensazione di libertà appena ottenuta, e esattamente allo stesso modo succederà a quelli dopo di me, pazientemente, normalmente, come sempre in ordine alfabetico. Penso a tutto questo mentre sto seduta al centro del ferro di cavallo di banchi, in mezzo a professori che sembrano fare altro, mettono in ordine fogli, scrivono cose, si guardano intorno.
Mentre filosofia mi chiede l'annuncio dell'Uomo Folle di Nietzsche, sul davanzale di uno dei finestroni aperti davanti a me una colonna di formiche brulica nelle due direzioni, entrando e uscendo dalla finestra, e si infila poi silenziosamente in una crepa nel muro. Osservo il loro incessante avanzare, il loro continuo incrociarsi, bloccarsi e lasciarsi andare, e in un attimo tutta l'attesa, la cattiveria e i pensieri odiosi che la scuola mi ha sempre ispirato si sciolgono; la ribellione e quel mio istinto innato a cercare vie d'uscita, a cercare alternative per non piegarsi allo stato delle cose, alla loro necessarietà; improvvisamente guardando il laborio degli insetti tutto questo sparisce, adesso sono anch'io una formica, che va e ritorna, che prima c'era e ora non c'è più, che esce dal davanzale e se ne va, lontano. Tutto è passato, ora; tutto assieme è stato spazzato via in un attimo illuminante, odio ribellione obblighi paura, ora ogni cosa è normale, è tranquillità strana. Un sottile e sconosciuto senso del dovere mi dice che per questa volta, che è l'ultima, bisogna sedare l'istinto, tenerlo lontano, farlo star zitto, non vale la pena ormai.
Così, quello che rimane quando tutto finisce sono le sagome indefinite dei professori che se ne vanno, riflesse sul pavimento lucido in fondo al corridoio reso ombroso dalle persiane abbassate a metà. Loro e le loro ombre allungate sembrano una cosa unica, e io rimango così, attonita a guardare le loro figure sfinite danzar via nell'ombra, tagliando come strani burattini le lame di sole sul pavimento.
Se ne vanno, li vedo allontanarsi con i gesti semplici e banali di sempre ma che ora hanno un che di inesorabile; via, sempre più in là, finchè non spariscono scendendo la scalinata.

Attimo di smarrimento nel silenzio del corridoio deserto, la polvere si muove piano sospesa nell'aria attraversata dal sole, penso ai giorni liberi, ai giorni nuovi, davanti agli occhi la realtà ha nuovi significati, tutto è di una chiarezza abbagliante, vorrei rimanere ancora in questo corridoio perchè se esco dal portone non so che ne sarà di me.
Guardo le scale, oltre le quali i professori se ne sono andati da un po', e mi riprendo.
Cammino via dalla parte opposta, confusa, felice, sconvolta, niente urla niente risate niente salti niente rumore ma solo uno strano brivido, a vedere che questa cosa è stata, e che proprio come tutto è iniziato, ora tutto finisce. E l'inizio e la fine sono ora una cosa sola, che si è condensata in questo tempo in questo spazio e in questo assurdo istante.
Ecco. Questa cosa è stata, anche questa è corsa via e già scorre scorre scorre come l'acqua del fiume, ed è ormai talmente lontana e irreale che puoi pensare non sia mai successa.

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