Monday, December 23

non saprei




Non pensavo che fosse possibile tornare a questo punto. Sono in stallo, di nuovo.
Cammino da sola nella notte, piove, mi fermo in mezzo alla strada perché la mia testa è da un'altra parte e ci metto una vita a ricominciare a camminare. Immagino di avere una faccia pessima. Guardo nel vuoto l'asfalto e l'acqua che scorre lenta, ed è la stessa di tante altre sere di pioggia in cui sono uscita a cercarti e non ho trovato nessuno. Spesso questi giri hanno una minima funzione catartica, stasera invece non è successo proprio niente.
Un paio di epiphanies degne di nota ma niente di più. Guardo di striscio dentro ai bar per vedere chi c'è.
Non so davvero cosa sperare. So cosa voglio ma non so se sia possibile e come, e questa cosa mi uccide ogni giorno. Eppure il mio passo è calmo come se dovessi salire in verticale per migliaia di metri.
Incrocio un signore anziano che avanza sotto l'ombrello. Lo guardo ma lui non mi vede neanche.
Non lo conosco ma l'avrò visto un milione di volte. Ha dei guanti che mi piacciono. Improvvisamente la vita degli altri mi appare chiara nel suo scorrere lento e inesorabile, separato dal resto, con tutte le abitudini e le azioni condensate, finchè non arriva questo istante. Due vite si incrociano. Non si conoscono, o non si ri-conoscono. Infatti passo oltre e mi sento peggio di prima. Supero una macchina parcheggiata su cui costruisco una storia del tutto arbitraria. Il pensiero mi infastidisce. Complimenti, l'ho creato io e adesso mi disturba, e riesco a fatica a farlo sparire. Passo anche la macchina e ormai sono quasi persa.
Pensarti non serve a niente. Immagino, altri pensieri arbitrari, che tu hai la tua vita, proprio come il signore con l'ombrello, e non è detto che le nostre vite si incrocino. Probabilmente la penso così perché questo è un momento di merda, in cui me ne vado in giro nella notte senza uno scopo sperando di trovare qualcosa da desiderare che mi distragga. Quello che davvero vorrei ha una forma indefinita ma a rigore sarebbe perfettamente realizzabile, qui e ora. Ma chissà se anche questa affermazione non sia un altro pensiero arbitrario. Chissà come sarà divertente, sbrogliare la matassa del mio cervello, se mai un giorno qualcuno deciderà di farlo. Chissà quante altre volte camminerò nella notte in cerca di qualcuno, che non sarai più tu ma un'altra storia, altri mesi di attesa e speranza e disperazione e inutili innamoramenti.
Ma ora no. Ora tutto è assoluto. Un giorno, forse già domani, riderò di questo mio comportamento apocalittico, di questa mia ansia ridicola verso le cose. Faccio tutto come se il mondo stesse per finire. Mi dispero sempre per quello che lascio andare come se quella fosse stata l'ultima possibilità. Nonostante la mia razionalità che tutto analizza e tutto pretende di controllare, sono una mina vagante. Vorrei tanto lasciarmi scivolare addosso gli eventi, ma non ci riesco. Vorrei tanto non pensare a niente e cogliere l'attimo, ma non ci riesco, non tutte le volte.
Mi guardo da fuori e vorrei tanto farmi una risata, e prima o poi la farò, magari la faremo, ma stasera temo di no. Stasera tornando a casa mi sono accorta che va tutto bene finché cammino in salita. Finché c'è un luogo da desiderare, guardare da lontano e raggiungere. Quando torno indietro, la discesa mi dà un maledetto senso di sconfitta, di non senso. Cammino ma niente ha più un significato. Sono il solito zombie che non sente nulla.
Ma stasera nella discesa ho incrociato qualcuno. Una figura incappucciata esce da un negozio con un cartone in mano. Neanche il tempo di pensare cosa sia che attraverso in pieno la scia di profumo di pizza.
È buono, è dolce, confortante, è qualcosa di cui adesso avrei un gran bisogno ma che adesso non c'è; tuttavia ci sarà sempre ogni volta che qualcuno ti passerà di fianco con una pizza nel cartone. Non so. Questa cosa è stata una specie di rivelazione, ma l'ho capito solo dopo. Prima di capirlo, prima di mettere a posto i pezzi in disordine, sono tornata a casa sotto l'acqua senza pensare a niente di sensato, immaginando altri esiti e altri finali di scene già viste mille volte.

Veramente non mi spiego come mai riusciamo sempre a complicare le cose, che sarebbero tanto semplici senza quel che la mente ci costruisce sopra. La felicità, quella cosa su cui molto si scrive e molto ci si arrovella, sta in attimi imprevisti, a se stanti, in cui le cose che prima erano separate ritornano improvvisamente unite. Accade quando ogni cosa è ricomposta, quando mi sorridi e noi due torniamo ad essere uno. Tutto qua. Lo si può leggere negli occhi. Non è necessario che il mondo ne sappia nulla. E non è nemmeno necessario complicarsi tanto la vita. L'Uno è fragile, momentaneo e precario, per noi. Non dura in eterno. Visto in prospettiva, è pure ridicolo. Nonostante ciò, lo inseguiamo e soffriamo in silenzio, e quando è lì a un passo da noi senza poterlo far nostro quasi diventiamo pazzi. Siamo spezzati in due, tutto qui. Perciò la vita è desiderio. La ricerca di quegli attimi non è difficile, ma la mente dev'essere libera. Io e te un giorno non esisteremo più, perché non esisteranno più un Io e un Tu. Tra davvero poco tempo, tutto questo ragionare sarà spazzato via. Le occasioni per far tornare uno quel che è molteplice vanno inseguite con la tranquillità di chi sa che quella è la nostra personale verità, l'unica possibile. Quando ciò che è sempre irrompe nella monotonia del tempo sempre uguale, avrò trovato un 
kairós e lo terrò stretto finchè, come sempre, a un tratto mi sfuggirà di mano. Io so che là nel buio ci sei anche tu. Se ti troverò, ti terrò stretto a me fin quando vorrai scappar via. Combattono le nuvole nel cielo. Nella notte nera cercherò senza paura.

Monday, December 9

kairós




L'insensato flusso del tempo si carica di significato solo quando lo si limita e circoscrive. Allora il tempo non è più chronos, tempo che scorre come un fiume davanti agli occhi, acqua sempre diversa ma sempre uguale.
È bastato un giorno, degli sguardi e delle parole e dei gesti, perché il tempo lineare diventasse kairós
. Tu sei kairós, occasione, occhi chiari nella notte a dirmi che sì, lo vuoi anche tu. Ma perché, a queste parole, mi sono sentita persa? 
Non era quello che volevi, KK? Eppure qualcosa mi ha fermato, proprio io.
Quello che accadrà non uscirà da queste mura. Quello che è accaduto non lo saprà nessuno.
KK, hai creato un 
kairós potentissimo.
Ora il tempo può davvero diventare relativo. I secondi si ammucchiano, e i minuti, e le ore, come quelle lunghissime dell'altra notte; ora non più. Minuti e ore e giorni hanno un senso. Parlarti liberamente e ridere sono stati come una rivelazione. Sono stati meglio di qualunque altra cosa capitata ultimamente. Sorrido e sono felice nonostante la confusione. Forse l'altra sera avrei dovuto mettere il cervello fuori dalla porta come dicevi tu, e a quest'ora avremmo un segreto in più da custodire. 

Invece no. Ho scoperto una cosa nuova e cioè che il mio cervello è davvero difficile da spegnere. 
Soffro perché ti vorrei tutto per me. Soffro perché non so se sia lo stesso per te, ma credo di no, almeno non adesso. Però ho capito quel che mi hai detto. È un momento così, di scoperte. Forse dovrei prenderlo anch'io così, cogliere l'attimo e non pensare a nient'altro. Forse un giorno tra tutte le scoperte ci ritroveremo a guardarci e a sorridere come l'altra sera e non ci sarà bisogno di cercare altrove quello che abbiamo qui, improvvisamente così chiaro davanti agli occhi.
La notte è lunga ma non piove più. Tante notti e tanti giorni ancora attendono di farsi 
kairós, fonte di scoperte, di vita e di senso. Stanno aspettando noi, a chiamarle per nome e farle uscire dalla monotonia del tempo sempre uguale. KK è in attesa. Sente la tranquillità più vicina e vorrebbe urlarlo al mondo. Sta invece in silenzio. KK è piena di fiducia. La calma e il pensiero senza legami portano alla verità.
Kairós, occhi azzurri nella notte, prometto che la prossima volta la mia mente sarà libera.