Thursday, January 5

egoismo indù


Ordunque eccoci! Scopro ora che quel faticoso affannarsi, per tenere unito il mio e nostro IO sfuggente, per nasconderne le crepe, era illusione. Quell'io, quel me, quel noi, intorno a cui tanto fatichiamo e costruiamo, il sanatana dharma l'ha infine chiamato col suo nome: ahamkara, egoismo. Quante cose si scoprono pur senza chiederle. Oh, ma ora la cosa non deve toccarci più di tanto. È ormai impossibile, dove ora sono molti, vedere uno. E poi è cosi da asociali. È tempo di feste e pranzi, tempo in cui mettere in dubbio assunti fondanti genera grasse risate e pacche sulle spalle, il modo per dire che se anche c'è qualcosa di non chiaro, si sta tanto bene ora qui, la casa è calda e il mangiare fumante, e le domande semplicemente non hanno senso. È cosi facile e inevitabile distrarsi sempre! È altresi inutile voler fare i naif, perché distrarsi è probabilmente la nostra salvezza da una pazzia certa. Quando le luci si spengono, la casa è deserta, il frigo vuoto, quando tutti se ne sono andati e la festa è finita, sapremo come davvero stanno le cose. Sapremo, sarà un'intuizione potente e improvvisa, che non possiamo vivere nel gioco, non noi. Scoprendo ciò che ci è precluso, avvertiremo la nostra diversità dall'assoluta libertà di dio. Il gioco meraviiglioso ed eterno non è per noi, e segna la frattura irrimediabile, la ferita di quel giorno lontano in cui dio ci scacciò, ci separò da lui per mandarci al mondo.