Sunday, June 20

che c'è che non va?



N°1: I tedeschi al mare. I tedeschi in Toscana alle sei di pomeriggio. A quest’ora, forse a Siena in un ristorante con la veranda, i tavoli fuori, su piazza del campo senza sabbia e senza cavalli, i tedeschi già mangiano nell’ultimo sole arancione. Inconfondibili nei loro cappelli da esploratori. Profumi di cibo e tintinnare di posate.

I figli se ne stanno tranquilli coi genitori. Sono due, generalmente. I figli sono sempre belli. Ragazzini biondi. Fratelli e sorelle si rincorrono. Eppure non fanno il casino di quelli italiani. Sono ordinati. Il sole italiano li ha abbronzati delicatamente, senza fargli male. Ora sono perfetti, e non sembrano pensare a niente.

Immagini vaghe ma potentissime di una vita diversa e nuova, la loro, e di un’estate finalmente divertente ti balenano davanti agli occhi.

Così hai l’impressione che tutto questo assieme, la sera tiepida e l’ultimo sole e il fatto che loro siano lì, biondi e belli e tranquilli a mangiare mentre anche tu hai fame, tutto questo sembra essere l’essenza della felicità.

È un’intuizione improvvisa per me. Una visione che dura un secondo. Tutto questo sembra un che di irraggiungibile, un sogno chiaro dentro una campana di vetro, che tu guardi solo da fuori, passando. E tu, che alla fine sei nella tua terra, e sei sbucato su queste colline per lo stesso principio per cui crescono le piante, sei semplicemente lontano da questa visione. Sei altro.

È sera anche per te, ma per te è troppo presto per mangiare. E tu in quel ristorante nemmeno ci andresti mai, perchè sai che li spennerà, i tedeschi; perchè è il tipico ristorante per turisti, per mangiare alle sei nel sole arancione.

Ma la visione ti perseguita. Quei ragazzini. Sono lontano da casa, in un posto per loro nuovo, ma sono tranquilli con mamma e papà. Maledetti ragazzini.

Tu sai che loro, qui e ora, sono felici .

Una felicità di Altro, una felicità possibile solo altrove . In un determinato luogo e in un determinato tempo. Niente di generale. Niente di intercambiabile. È qui e ora, ed è per loro. Un giorno piangeranno e andranno a scuola e l’estate finirà; ma ora no.

Hai fame, hai fame anche tu, di questa sera nell’ultimo sole e di questa sensazione e di questo profumo forse di pizza che avrai sentito mille volte;

ma il tuo posto è fuori.

Questo è il loro momento. Tu puoi solo guardare e passare oltre.

Questa non è una terra lontana, per te. Senti le voci, capisci le parole. Eppure è estranea. Tutti intorno a te parlano la tua lingua. Tuttavia quell’altra felicità ti perseguita. E non è perchè quella degli altri è sempre migliore. È strano. È nostalgia di qualcosa che se n’è andato tempo fa. Nemmeno ce ne ricordiamo più. Ora di quel qualcosa che c’era e di cui non sappiamo nulla rimangono delle schegge conficcate non si sa dove. Qualcosa è stato diviso, tempo fa. Qualcosa era diverso, in un tempo di cui nessuno ha memoria. Ora siamo schegge impazzite, siamo come chiusi, camminiamo in mezzo alla gente e ancora siamo soli, e nella luce arancione della sera tutte le cose di quel tempo che non sappiamo tornano in mente, nelle vite degli altri. Le guardi venirti incontro come si osserva qualcosa che non si può fermare. Le osservi senza poterti muovere. Sono loro che vengono da te. Tu non ti muovi.

Io non mi muovo. Guardo le cose che vanno. Le vite degli altri, meravigliosi luoghi dove ogni cosa ha funzionato. La vita di chi passa ora nella via sghignazzando inconsapevole, meravigliosi luoghi dove ogni cosa funziona. Tutto questo, tutto questo casino che sono io, non regge il confronto. È tutto una crepa. Nelle crepe ci infili un bastoncino e si spacca tutto. Le crepe sono su qualcosa che non sta assieme. In realtà nessuno sta assieme veramente, solo che non se ne rende conto. Per questo sghignazza. Pensa che sia impossibile disgregarsi, e la sola convinzione basta perchè questo a lui non succeda mai.

Non gli succede, in effetti. In realtà è possibilissimo.

Nessuno è senza crepe, ma a me basterebbe far finta.

Vorrei che quella sera fosse finalmente mia.
Vorrei far finta che qui e ora, e magari anche domani, questo sia
un luogo meraviglioso dove ogni cosa funziona.