Thursday, October 30

Amor Fati

scriverò qualcosa perchè questo è un cerchio che si chiude. forse è l'inizio di qualcosa, che non siano le solite cose.
non so. non so perchè sto facendo tutto questo ma so che c'è voluto uno sforzo sovrumano per buttarmici dentro. ormai mi conosco, conosco tutti i modi per scappare che metto in atto quando sono accerchiata. ma niente. ci vuole veramente poco per cambiare. spero che questo sia un passo per mandare a quel paese tutte le mie dannate ossessioni.
non ho un programma preciso. non voglio pensare adesso a tutti gli aspetti tecnici e agli aspetti reali e a tutto quello che questa cosa comporta. per adesso non ho voglia di pensare a quanto vorrò coinvolgermi e quanti compromessi dovrò fare.
bo.
stranamente dopo vari ribollimenti ora è tutto sotto controllo.
non mi sento male.
va bene perchè solo così tutti saranno contenti e la pianteranno di rompere e di chiedere checazzo faccio della mia vita. non è solo questo, ovviamente. va bene anche solo per me.
comunque, mi sono ricordata di qualcosa che avevo scritto poco dopo la maturità, la fine dell'inferno, la fine del supplizio ecc ecc chiamatelo come volete.
lo trovate nel prossimo post...

Sunday, October 19

possiamo scappare




l'altra notte ho dormito con la felpa. mi sono addormentata e la lampadina scassata made-in-china che ero appena riuscita a mettere in funzione è rimasta accesa con la sua lucetta tremolante. se non altro il mio letto dopo innumerevoli modifiche è diventato comodo. dietro alla mia testa anche la montagna sembra sospirare per l'ultima volta prima di abbandonarsi al sonno. in realtà lei è vigile. è attenta. veglia sulla distesa di sassi ed erba, sulle rocce chiare e sulla mia finestra.
è una finestra piccola. sento la stufa borbottare al piano di sotto. ci sono proprio sopra.
comunque la mia pila cinese è rimasta accesa finchè ad un orario indefinito non mi sono svegliata e con una manata l'ho spenta, rischiando di farla cadere dalla pseudo mensola che ho creato con un'asse tra il mio letto e quello di fianco. per prendere sonno mi sono messa a leggere un libretto di fantascienza che sembrava scritto da un computer. era dannamente prevedibile. di ogni frase potevo indovinare la fine. non so come facciano a scrivere libri così. la traduzione era decisamente approssimativa, il tutto risultava macchinoso, scontato e illeggibile. non prendetevela, ma veramente era assurdo. andava bene per addormentarsi. per una volta non ho visto differenza tra un libro e quei telefilm inutili che si moltiplicano come funghi alla tv. guardo la copertina. c'è scritto che ha venduto nonsoquantecopie e quindi hanno pensato bene di ristamparlo in edizione tascabile. che carini. non oso immaginare come dev'essere leggerselo in un'edizione con la copertina rigida.
il libro inutile dura poco. dopo qualche tempo già dormo rannicchiata nella mia fantastica felpa pelosa, incurante della luce, degli alieni e della montagna che dietro alla mia testa fa la guardia nella notte silenziosa.

quando apro gli occhi fuori c'è un chiarore leggero. saranno le cinque. giù qualcuno fa casino. rumori secchi, metallici. cose che cadono.
ricordo una notte d'estate in cui dalla finestra aperta sentivo dei passi. da qualche parte, nel buio, animaletti sconosciuti camminavano nella scarpata, producendo scalpiccii strani.
niente di tutto questo. adesso sono solo innocui rumori. mi riaddormento.

ho pensato un po'. a questa situazione senza senso in cui galleggio. in realtà non risolvo un bel niente. non c'è nessun bivio. pare che ci sia. bo. se c'è, io non lo vedo. vivo al secondo. sono in equilibrio.
adesso sono a casa. la tv è accesa ma guarda dall'altra parte. non so bene perchè sto scrivendo.
tutto questo, questo presente che ora è semplice e domani sembrerà complicato, che oggi accade e domani suonerà già strano, mi ricorda una scena di quest'estate. sono io, la mattina all'alba, o la sera al tramonto, o in altri strani orari in cui girellavo sulla montagna. arrivando in cima ad una distesa erbosa, lentamente mi appare davanti l'altra valle, inondata di sole, bellissima, piena di erba frusciante e tiepida, accarezzata da un vento che porta i suoni delle campane di mandrie lontane. io emergo dall'ombra e arrivo in cima, lo sguardo si perde oltre prati e alberi fino ai paesi luccicanti che stanno in fondo. è a quel punto che fissando la mia valle percorro la strada al contrario, dalle case indefinite ai pini minuscoli e poi sempre più vicini, finchè mi ritrovo a guardare il sentiero cosparso di sassi su cui sto in piedi. se io ora parto di corsa, penso, forse posso correre via. e in attimo posso tuffarmi oltre tutto questo, superare la cresta, entrare e uscire dal bosco ombroso, e in poche ore che sembrerebbero minuti le mie gambe mi porterebbero a casa.
non è lontano, alla fine.
senza pensare a niente, io e le mie gambe possiamo scappare.

Thursday, October 16

tutto procede bene nel mondo, signore








oddio.
non so, c'è qualcosa che mi fa scrivere in automatico. c'è come una porta spalancata che prima era chiusa e ora tutto esce alla velocità della luce travolgendo ogni cosa.
oggi è stata una giornata terribilmente inquieta. una cosa tremenda. niente di grave, solo che non so spiegarmi come mai questi giorni strani arrivano e se vanno in batter d'occhio. giorni in cui sei sempre sul chi vive, sei sempre in punta di piedi. se vado fuori a buttare la spazzatura vedo occhi e figure nascoste nel buio che mi osservano. mi guardo intorno mille volte, respiro piano, rumori insensati mi fanno sussultare. dev'essere la luna. ieri ero qui a scriver e sentivo qualcosa. non so, c'era qualcosa che mi stava sulla spalla, che mi si appoggiava addosso, mi pesava. era la luna. era un'enorme luna piena, azzurra e argentata, bellissima e incomprensibile. mi lanciava addosso una lama di luce argento e se ne stava lì a guardarmi col suo sorriso terribile. ha gli occhi e la bocca, se la guardi bene. sorride, se la guardi bene. sa che noi siamo qui. sa tutto cazzo. ho chiuso persiane e tutto. la luna ha qualcosa che mi fa incasinare. e poi ci sono questi cazzo di denti del giudizio che quando lei è crescente si mettono a crescere pure loro, come l'erba e il grano, come il raccolto o chessò io. mi fanno male anche adesso. sono lì che vogliono uscire i bastardi. gli unici che non ho tolto. non voglio più vedere dentisti. con tutto che uno è fortunato a poter andare dal dentista eccetera eccetera che così poi hai dei bei denti bla bla bla io ODIO il dentista. odio l'affare che ti aspira la saliva. odio le impronte con quella cosa che prima sembra farti soffocare e poi ci mette mezzora a staccarsi.

ora la luna non c'è. non è ancora sorta. non mi guarda, per ora.
sto bene. là fuori qualcuno si è fatto male. qualcuno è stato felice. là fuori il modo in cui le cose passano e da un momento all'altro tutto può sparire continua a seguire leggi sconosciute. ma oggi tutto ok. nessuna tragedia ha incrociato la mia via, chissà quante ce n'erano, dietro alle porte chiuse delle case delle persone.

è passata un'altra giornata inquieta ma sono qui, quindi tutto ok.

a correre mi hanno inseguito quattro cani assurdi che sembravano usciti da un film dell'orrore, urlavano come matti ma era tutta scena. sono arrivata in cima a una stradina e ho scoperto che era a fondo chiuso. c'erano due cancelli di case abbandonate. c'era questa casa incredibile, spoglia, inquietante, di cui non vedevo il tetto perchè davanti gli si parava una serie di betulle che si infittivano sempre più. il classico posto pieno di fantasmi. pieno di foglie secche scricchiolanti. al ritorno, in un prato nebbioso, delle mucche enormi con la testa minuscola seguono coi loro occhietti lucidi il mio passaggio. sembrano OGM. non so, sembrano create in laboratorio. passo oltre. una capra dalle corna giganti e ritorte non fa che belare in modo stupido e lamentoso. sembra che dica qualcosa. non capisco e corro via. i cani di merda mi rincorrono di nuovo. il cielo è grigiastro, umido. la messa è finita e dalla chiesetta in fondo alla strada esce un fiume di vecchiette infagottate nonostante faccia caldo. mi sorridono. sembrano sussurrare:
tutto procede bene nel mondo, signore.
oggi è passato un altro giorno, signore.
mi ricordo sempre di quel che diceva agostino. sull'essere inquieti intendo.
non l'ho mai dimenticato, signore.
l'ho segnato tra le cose da non dimenticare.

Tuesday, October 14

spesa









sono andata a fare la spesa l'altra sera, appena tornata da correre.
c'è qualcosa di strano e divertente e fantastico nel fare la spesa dopo aver corso.
c'è assolutamente qualcosa di fuori di testa in tutto questo. mi piace andare in quel supermercato scassato di sera.
mi piace accorgermi di quanto lentamente il giorno si sia accorciato. la via è arancione sotto le luci. l'asfalto è perfettamente liscio. non è lo stesso buio dell'estate.
le luci in cima alla salita mi dicono che è ancora aperto. macchine scendono dalla strada, qualche disperso torna a casa. la sera è sempre viva.
ho sempre amato quel supermercato; adesso il suo squallore è ancora più accentuato dalle luci al neon che come un faro si stagliano nella via buia. ha sempre fatto schifo, come supermercato. c'è questo pavimento giallo, fatto di quelle vecchie mattonelle rettangolari che si usano per i terrazzi. il soffitto è indefinito. alzando lo sguardo, del cemento grigiastro e striato ti osserva dall'alto. le lampade al neon stanno appese a lunghissimi sostegni. c'è come uno strato di qualcosa su ogni oggetto. c'è come qualcosa che mi attira in tutto questo.
passo oltre il reparto verdura. stanno pulendo i banchi della macelleria. una commessa lucida energicamente la superficie metallica col corpo proteso in avanti dentro alla vetrina. poco più in là del sangue non ancora pulito si perde in rigagnoli bordeaux. i conigli se ne stanno coi loro occhi bianchi a fissare il vuoto, nudi uno accanto all'altro, le zampette slanciate in avanti verso il fondo del banco. nessuno li ha comprati dannazione. nessuno oggi se li è voluti portare a casa per poi tagliarli a pezzi con quell'aggeggio, loro lì soli sul tagliere e quel rumore secco e il soffritto sfrigolante ad aspettarli, e così finalmente anche questo avrà forse un senso. ma niente; per stasera continueranno a fissare il vuoto sdraiati sul metallo freddo.
passo oltre. c'è odore di alcol. non mi ricordo cosa devo prendere. c'è odore di lisoform. il figlio del proprietario, un tipo sulla trentina, se ne sta seduto sui bancali colmi di cartoni di latte UHT, e smanetta col cellulare. sta sempre così, su quei cazzo di cartoni del latte che magari si schiacceranno pure, non è mica un bambino. improvvisamente mi ricordo di quando io e stefano alle medie venivamo qui a rubare caramelle, cicche e tutto quello che poteva stare nelle tasche. era divertente. lo facevamo senza cattiveria. ricordo il proprietario, che era già abbastanza vecchio, che di tanto in tanto ci osservava con quei suoi occhi da pazzo e l'andatura lenta. non ci hanno mai scoperto. era sempre vestito uguale. vagava così, nel suo piccolo impero fatto di corridoi e scaffali e luci al neon e scatoloni ammassati negli angoli.
continuo il mio giro, mi perdo a guardare le salse, c'è pure il burro di arachidi in mezzo a varie schifezze.
il cemento mi guarda.
gli scaffali mi sembrano senza senso.
ogni cosa non è che una cosa, e se sparisse dalla faccia della terra per me non farebbe differenza.
alla fine compro solo quello che mi serve. dà una certa soddisfazione riuscire a prendere solo quello per cui si era venuti evitando tutte le altre cazzate che ti si parano davanti nel frattempo. alla fine infatti esce una spesa insensata. la cassiera afferra le cose con le sue assurde unghie da pornostar e le lancia oltre quella specie di tapis roulant. per fortuna che la mia stupida spesa non comprende niente di fragile. lei afferra e lancia. afferra e lancia, che siano uova o bottiglie di birra. lancia tutto dannazione e nel frattempo confabula urlando con la vicina di cassa che è dall'altra parte.
prendo il mio resto e me ne vado. il neon lentamente si allontana. il cemento e gli scaffali ora guardano altrove. me ne vado col mio sacchetto insensato. non riesco neanche a tenerlo in mano perchè c'è un porro che getta in fuori tutto il suo fogliame verde oltre la mia mano sbattendo ovunque. devo trattenermi con tutte le mie forze per non scoppiare a ridere. è una spesa totalmente insensata. oltre al porro c'è della candeggina, dello jogurt, tonnellate di golia bianca, una lattina di coca cola che devo ancora capire perchè ho preso visto che non mi piace neanche tanto. sentivo di doverla prendere. mi serviva a qualcosa che non ricordo.
scendendo lungo la strada scorgo la luna che disegna il profilo nero della montagna contro il cielo.
il sacchetto con la spesa insensata sobbalza attaccato alla mia mano. resisto alla tentazione di aprire le goliabianca per divorarne un paio.
giro nella mia via, sull'asfalto arancione. gli alberi creano una galleria di foglie gialle sopra la mia testa.
questo giorno è finito e tutto è andato bene.
questo giorno è finito e per una volta è tutto chiaro.
la sera è fresca e tutto è sotto controllo.


mi piace andare al supermercato dopo aver corso.

Friday, October 3

altri fantasmi



era nei miei jeans. era nei miei jeans dannazione e non so come cazzo ci è finito. era nei miei jeans e non so perchè mi è tornato in mano oggi.
oggi è veramente una giornata di merda.
era un po' che non capitava una giornata così.
come al solito, e come per tutte le ultime giornate di merda che ci sono state, la colpa è per il 99% mia; il restante 1% suppongo sia dettato dal caso.
nonostante tutti questi ragionamenti, è e resta uno schifo di giornata.
questo giorno non ha colpa. fuori le cose fanno il loro dovere, le nuvole scaricano pioggia, il vento le sposta, dei merli neri si avventano sulle bacche del cespuglio qua sotto, qualche foglia inizia a cadere.
il mondo non ha colpa di tutto questo. il mondo è fatto per girare e portarci con sè. il giorno fuori di qui è nitido e chiaro, segue la sua logica da milioni di anni, segue i suoi ritmi da molto prima che noi potessimo ragionarci su. questo giorno non ha colpa se io mi sento di merda o se trovo un biglietto nei jeans o se oggi è una giornata stupida, per me.
perchè io non sono un albero, o un sasso. non sono una dannata cosa fissa e ferma che non può far niente. io non sono una pianta, che se ne sta là fuori a prendersi le intemperie, non sono uno scoglio che si prende le onde del mare finchè non diventa liscio, levigato e finchè dopo millenni non ritorna sabbia.

io so di poter correr via.

questo giorno non ha colpa. fuori continue occhiate di sole non fanno che peggiorare la situazione.

fantasmi