Tuesday, October 14

spesa









sono andata a fare la spesa l'altra sera, appena tornata da correre.
c'è qualcosa di strano e divertente e fantastico nel fare la spesa dopo aver corso.
c'è assolutamente qualcosa di fuori di testa in tutto questo. mi piace andare in quel supermercato scassato di sera.
mi piace accorgermi di quanto lentamente il giorno si sia accorciato. la via è arancione sotto le luci. l'asfalto è perfettamente liscio. non è lo stesso buio dell'estate.
le luci in cima alla salita mi dicono che è ancora aperto. macchine scendono dalla strada, qualche disperso torna a casa. la sera è sempre viva.
ho sempre amato quel supermercato; adesso il suo squallore è ancora più accentuato dalle luci al neon che come un faro si stagliano nella via buia. ha sempre fatto schifo, come supermercato. c'è questo pavimento giallo, fatto di quelle vecchie mattonelle rettangolari che si usano per i terrazzi. il soffitto è indefinito. alzando lo sguardo, del cemento grigiastro e striato ti osserva dall'alto. le lampade al neon stanno appese a lunghissimi sostegni. c'è come uno strato di qualcosa su ogni oggetto. c'è come qualcosa che mi attira in tutto questo.
passo oltre il reparto verdura. stanno pulendo i banchi della macelleria. una commessa lucida energicamente la superficie metallica col corpo proteso in avanti dentro alla vetrina. poco più in là del sangue non ancora pulito si perde in rigagnoli bordeaux. i conigli se ne stanno coi loro occhi bianchi a fissare il vuoto, nudi uno accanto all'altro, le zampette slanciate in avanti verso il fondo del banco. nessuno li ha comprati dannazione. nessuno oggi se li è voluti portare a casa per poi tagliarli a pezzi con quell'aggeggio, loro lì soli sul tagliere e quel rumore secco e il soffritto sfrigolante ad aspettarli, e così finalmente anche questo avrà forse un senso. ma niente; per stasera continueranno a fissare il vuoto sdraiati sul metallo freddo.
passo oltre. c'è odore di alcol. non mi ricordo cosa devo prendere. c'è odore di lisoform. il figlio del proprietario, un tipo sulla trentina, se ne sta seduto sui bancali colmi di cartoni di latte UHT, e smanetta col cellulare. sta sempre così, su quei cazzo di cartoni del latte che magari si schiacceranno pure, non è mica un bambino. improvvisamente mi ricordo di quando io e stefano alle medie venivamo qui a rubare caramelle, cicche e tutto quello che poteva stare nelle tasche. era divertente. lo facevamo senza cattiveria. ricordo il proprietario, che era già abbastanza vecchio, che di tanto in tanto ci osservava con quei suoi occhi da pazzo e l'andatura lenta. non ci hanno mai scoperto. era sempre vestito uguale. vagava così, nel suo piccolo impero fatto di corridoi e scaffali e luci al neon e scatoloni ammassati negli angoli.
continuo il mio giro, mi perdo a guardare le salse, c'è pure il burro di arachidi in mezzo a varie schifezze.
il cemento mi guarda.
gli scaffali mi sembrano senza senso.
ogni cosa non è che una cosa, e se sparisse dalla faccia della terra per me non farebbe differenza.
alla fine compro solo quello che mi serve. dà una certa soddisfazione riuscire a prendere solo quello per cui si era venuti evitando tutte le altre cazzate che ti si parano davanti nel frattempo. alla fine infatti esce una spesa insensata. la cassiera afferra le cose con le sue assurde unghie da pornostar e le lancia oltre quella specie di tapis roulant. per fortuna che la mia stupida spesa non comprende niente di fragile. lei afferra e lancia. afferra e lancia, che siano uova o bottiglie di birra. lancia tutto dannazione e nel frattempo confabula urlando con la vicina di cassa che è dall'altra parte.
prendo il mio resto e me ne vado. il neon lentamente si allontana. il cemento e gli scaffali ora guardano altrove. me ne vado col mio sacchetto insensato. non riesco neanche a tenerlo in mano perchè c'è un porro che getta in fuori tutto il suo fogliame verde oltre la mia mano sbattendo ovunque. devo trattenermi con tutte le mie forze per non scoppiare a ridere. è una spesa totalmente insensata. oltre al porro c'è della candeggina, dello jogurt, tonnellate di golia bianca, una lattina di coca cola che devo ancora capire perchè ho preso visto che non mi piace neanche tanto. sentivo di doverla prendere. mi serviva a qualcosa che non ricordo.
scendendo lungo la strada scorgo la luna che disegna il profilo nero della montagna contro il cielo.
il sacchetto con la spesa insensata sobbalza attaccato alla mia mano. resisto alla tentazione di aprire le goliabianca per divorarne un paio.
giro nella mia via, sull'asfalto arancione. gli alberi creano una galleria di foglie gialle sopra la mia testa.
questo giorno è finito e tutto è andato bene.
questo giorno è finito e per una volta è tutto chiaro.
la sera è fresca e tutto è sotto controllo.


mi piace andare al supermercato dopo aver corso.

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