Wednesday, May 20

prigioni




Certi giorni mi sento bene. Rispetto a me, agli altri, e alle cose in generale. Mi guardo intorno e non ho nulla da chiedere. Certi giorni ho la sensazione potente e incancellabile di essere libera. Che le mie azioni verso di te, e verso di me, e le cose che voglio e vorrei, siano chiare come non mai.
Ma ognuno costruisce intorno a sè delle prigioni. E con la prigione intorno ce ne andiamo in giro, pensando che i nostri atti siano pienamente nostri, e che i nostri pensieri e la nostra mente siano liberi.
Forse è meglio non chiamare, chissà cosa penserà.
Forse è meglio non dir niente, altrimenti chissà.
Ognuno è circondato dalla gabbia della propria visione del mondo e dei rapporti con gli altri, e da quella delle categorie con cui ogni giorno ordinare un'esperienza che è sfuggente, mutevole, a tratti dolorosa.
Ognuno ha, per le proprie prigioni, un attaccamento ancestrale e profondo, inconscio, naturale solo in quanto autoconservativo; irrazionale quanto a esiti concreti.
Non le vedi, le sbarre invisibili? È accaduto tante di quelle volte, ricordi? Un tempo la prigione era molto più ampia intorno a te, le persone ti sfioravano appena, tu ti facevi avvicinare a fatica. Anche oggi accade: sorridi nella notte senza saper cosa dire. Abbassi gli occhi per non saper cosa fare. Ti appoggi alle sbarre e aspetti, mentre la folla intorno a te si muove, ognuna con la sua personale prigione.
Molte volte hai allungato le braccia e molte volte hai sfiorato mani protese verso di te, e hai pensato che la gabbia non ci fosse più. Ma lei c’è sempre, intorno a te, dentro di te, forse è una cosa sola col tuo essere, con la tua esistenza nel mondo. Immagino che ci sia molto da filtrare, nella faticosa esperienza dei rapporti con gli altri, e molto da cui difendersi. È necessario trovare un modo per non essere del tutto permeabili a quel che ci accade intorno, e alla potenziale sofferenza che sta dietro ogni contatto. La gabbia reclama uno statuto di utilità pubblica.
Così, accade che ci sono tante cose che ci precludiamo da soli, senza nemmeno bisogno che a farlo sia il caso.

D’altronde le sbarre sono un’interessante e comoda prospettiva, da cui guardare la propria e l’altrui vita, in attesa di qualcosa. 
Invece a volte salti fuori all’improvviso, dalla gabbia invisibile, o almeno così ti pare (in realtà lei se ne sta adagiata intorno a te come fosse un vestito comodo) e allora quella nuova libertà sembra addirittura irreale. Pensi che durerà per sempre perché dalle conquiste e dalle scoperte non si torna indietro uguali.
Ma qualche tempo dopo, in una sera autunnale fin troppo tranquilla, ti ritrovi di nuovo appoggiata alle sbarre, a guardare verso un fuori del tutto indefinito di cui non sai nulla tranne che non è il dentro dove ti trovi adesso. 
Fa buio presto e questa è una cosa che non ti piace. 
I giorni passano velocissimi e sono anche belli e intensi, ma a volte nemmeno questo ti piace. 
Vorresti saltar fuori di nuovo, ma forse non è il momento.

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