Wednesday, May 20

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Che cosa mi manca?
Non ne ho idea ed entro nel supermarket. Sembra che sia pieno di persone come me. Sono stanche. A tratti sciupate. Chissà che faccia avrò io. Sotto le luci al neon nessuno pare interessarsene.
Stasera è accaduto in me qualche cosa. Sensazione di attesa e poi invece niente. Ferma al semaforo ho sbirciato nel bar oltre la strada. Nella luce tenue erano seduti in due. Sembravano felici. Sembravano un milione di cose e me ne ricordavano altrettante. Poi è venuto verde. Dietro il bancone era pieno di bottiglie scintillanti e bicchieri. Le persone erano solo sagome. Forse lui gli somigliava?
Forse io stavo cercando qualcuno?
Non lo so, non so neanche questo. La notte è scesa da poco e molte cose sono incerte.
Già sento gli occhi farsi pesanti e tristi, e assenti. Ma è arrivato il verde e sono partita.
Il bar era lo stesso di quest’estate, non è così? Quel giorno avevo guidato a fatica la bici fino a casa.
Non è più tempo per pensarci.

Ho bisogno di disciplina. Sono in balia delle cose. Era per dare una parvenza di ordine alla mia serata che sono entrata al supermarket. Eccole. Le Cose mi vengono incontro, ordinate e rassicuranti. Sono piene di possibilità. Le persone sono assenti. Fantasmi in cerca di oggetti. Cammino e a ogni passo mi sembra di fluttuare nell’aria. Atmosfera rarefatta. Freddo intorno all’immensa parete dei banchi frigo. Tristezza irrimediabile, mancanza di soluzioni che mi sovrasta e mi schiaccia. Incrocio sguardi. Mi sembrano smarriti.
Non è così evidentemente.
È così solo stasera, che i miei occhi sono tristi e pesanti e assenti. Vorrei comunicare qualcosa di positivo. Vorrei che qualcuno mi sfiorasse inavvertitamente col carrello e mi dicesse scusa, e allora io potrei sorridere e dire niente, si figuri. Invece non accade nulla. Un bambino che sembra straniero corre dal papà con in mano un giocattolo. Lui lo esamina attentamente, il bambino insiste. Il bambino piagnucola e il papà dice cosa è quello? Lo sai cosa è? Non è nulla. Il suono che fa la verità è dirompente.
Il bambino piange.
Quante volte nell’infanzia sembrava che il mondo stesse per finire. E invece guarda. Il mondo stava solo giocando il suo ruolo. E noi ancora pensavamo di poter fuggire. Lentamente ci siamo piegati. I bambini diventano adulti e camminano dritti nelle corsie, spingendo il carrello. Gli adulti sono già stanchi.
Sono entrata cercando qualcosa. Non l’ho trovata. Ma tornerò a casa e poi ritornerò qui, quando sentirò di averla persa di nuovo.
In fila alle casse mi prende una calma irreale. Le persone intorno rinunciano ad essere impazienti. Misurano i gesti per non fare troppa fatica. Una tipa davanti a me prende il coso per dividere la spesa e lo mette sul nastro tra la mia e la sua. Le dico grazie e sorrido. Mi sento meglio. Davanti a tutti c’è un signore tranquillissimo, sorridente e vestito con un pile scolorito e sporco di polvere e fieno. Ha degli stivali verdi di gomma, pantaloni blu non identificabili. Sembra vagamente un barbone, è magro, tranquillo e gentile. Sposta gli articoli che ha comprato dalla cassa a un banco poco più in là, li mette tutti in fila ordinatamente. Fa almeno tre viaggi, zoppicando e sorridendo, misurando ogni gesto. Non prende sacchetti perché metterà tutto in uno zaino vuoto che ha appoggiato in fondo al banco. Mentre va dalla cassa al bancone, dal parcheggio esterno un cagnolino segue ogni sua mossa fissandolo da dietro ai vetri.
Dopo un tempo infinito arriva il mio turno. Pago, riempio la mia borsa ed esco. Mi sento un po’ meglio ma durerà poco. Sono molto instabile. Cammino per il parcheggio e guardo all’interno quelli che ancora sono in fila alle casse. Sento il pianto di un cane, e mi accorgo che è quello di prima. Il signore con lo zaino è ancora all’interno; l’ha riempito con la spesa e sta ora cercando di caricarselo in spalla. Fa fatica. Da dietro i vetri, con la luce che illumina fin dove può il parcheggio buio, sembra di guardare uno spettacolo dentro un enorme televisore. Un film muto che io e il cane osserviamo senza esser visti. Lui è accucciato a terra e guaisce disperato, col muso dritto verso il padrone che si muove lento nel silenzio assoluto. Vorrebbe far qualcosa per lui. Nei suoi occhi umidi intuisco la presenza di un sentimento puro che nessuno di noi proverà mai.
Questa evidenza mi abbatte ancora di più.
Me ne vado senza capir nulla.
Entro in macchina e decido che stasera sarà un’altra sera persa.
Le persone mi appaiono come sono, tremendamente tristi. Forse, più semplicemente, mi appaiono come sono io in questo momento.
Sono pulite e profumate e hanno abiti decenti, ma nessun cagnolino piange nel parcheggio per loro.
Entro in macchina e accendo la radio, guardo le macchine sfrecciare sulla superstrada, le luci sulla montagna, le tracce invisibili del tramonto a ovest del cielo.

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