Monday, November 10

risposte a un funerale



Tempo fa in questa stessa stanza c’erano la nonna e una signora, e parlavano sommessamente nella penombra. Le persiane erano sempre a metà e io mi chiedevo perché. Appena fuori, il lungo pomeriggio estivo è solo all’inizio. La stanza è così scura, così poco illuminata, chiusa. La nonna sta sprofondata nella poltrona. Ricordo il lento movimento che faceva per alzarsi. Il salotto è quasi buio, ha una moquette verde scuro e muri ocra, e sopra perline di legno scuro. Che giorno è oggi? Non ricordo, ma io devo avere vent’anni. Sono ancora una bambina, in realtà. Le cose del mondo mi toccano appena, provocano stilettate di consapevolezza che mi lasciano confusa. Sono in piedi, la nonna alla mia sinistra nella poltrona, ricordo di aver guardato davanti a me, oltre la signora che parlava, e di aver osservato il sole caldo stendersi sulla pietra del terrazzo, ma lo vedevo opaco attraverso i ricami delle tende; ricordo di aver intuito come quel giorno fosse una testimonianza di qualcosa. Poi vidi chiaramente ogni cosa e ogni parola scomparire nel nulla.


***


Oggi hanno cercato di darmi delle risposte. Non ci sono riusciti.
Sono entrata nella cappella camminando su ciottoli chiari e lisciati da milioni di passi, caldi di sole.
Ho cercato di ricordare le domande.
La mia debolezza era fin troppo evidente. Nessuna risposta sarà mai sufficiente perché la mia verità è sempre e solo domanda.
Una giornata splendente aspettava tutti noi, e aspetterà ancora, attenderà che ce ne siamo andati per continuare, in una infinita ripetizione priva di senso.
Nella penombra della cappella tutto procede regolare, sembra che il perfetto ordine del rito cancelli la realtà, la renda meno triste, la renda giusta in quanto conforme a regole.
Così non è.

"Purificami O Signore"

Non avevo previsto che si mettessero a cantare. Riemergo dalla cappella, basta salire due gradini ed ecco il sagrato abbagliante di sole, seguo questo corteo come ne ho seguiti altri, seguo questo corteo e il cielo è così limpido e azzurro, e la giornata così tiepida, e mi ricordo all’improvviso che tante altre volte non ce l’ho fatta a seguire il corteo, a essere presente, altri morti non ce l’ho proprio fatta a lasciarli andare; oggi tornano tutti, ognuno è qui con me, l’ingiustizia e l’assurdità di ogni cosa mi sovrastano ma senza schiacciarmi, lasciandomi libera di muovermi, osservare, pensare: e per potermi meglio abbattere in quel giorno in cui non avrò difese.
Mi sento leggera, il canto è così dolce e così vero e io sento di essere debole davanti a tutto. Abbasso gli occhi sui ciottoli colorati, lisi da milioni di passi, persone che c’erano e adesso non più, e a quei passi aggiungo i miei, una manciata, inutili, intorno a me le statue, i parapetti in pietra, le montagne lontane e nitide nell’aria pulita, milioni di passi anche su di loro, nei boschi, sulle strade assolate dei valichi alpini, sull’asfalto caldo intorno al lago, felicità che sembra infinita, e poi altri monti, e ognuna di queste cose è così ignara di tutto, così estranea, e mi rendo conto con una punta di orrore che questa giornata nel suo splendore potrà ripetersi all’infinito anche quando i miei passi non ci saranno più, e io dove sarò, allora? È adesso così chiaro come il tempo non abbia per loro alcun senso, e non l’ha nemmeno per noi, e se è così noi siamo solo ridicoli esseri che tanto si agitano per un nonnulla, che ridono e pontificano senza saper di cosa parlano.

"Sarò più bianco della neve"

A queste parole ero già in un’altra dimensione. L’assurdo diviene forma precisa e tagliente, dolorosa, una lama che taglia la nostra esistenza, e che senso ha il bianco, il puro, che senso ha la colpa, non vedi che basta una fuggevole visione dell’assurdo perché il resto della vita divenga senza senso? Vorrei piangere ora perché mi sembra che ci sia qualcosa di profondamente ingiusto in tutta questa storia. Ingiusto in partenza. Purificami forse vuole dire lasciami andare, lasciami tornare alla terra, alla natura, all’inanimato. 
Ma perché, perché dovrei purificarmi da una colpa? Non basta questa scena e questo destino, questa giornata di sole persa per sempre, a rendere dolorosa e assurda ogni cosa, una volta per tutte? 
Uscirai da una cappella in una bara di legno ben levigata, ben fatta, lucida come un mobile, e dentro tessuti fini immagino, e i tuoi vestiti migliori, e forse ti metteranno un rosario tra le dita fredde, e ti porteranno a spalle sul sagrato invaso dal sole, e il sole sarà così prepotente, così forte e caldo e meraviglioso e continuerà imperterrito, e tu che lo amavi così tanto non potrai farci nulla, e quelli che amavano te così tanto guarderanno a terra e cammineranno, altri passi e altri canti, volteranno lo sguardo verso la valle e penseranno di essere soli al mondo, ma poi gli passerà, e poi a te non importerà più nulla, starai dormendo un sonno nero e senza sogni, non è così?

No comments: