Tuesday, November 11

domande


Quando succedono le cose, io non ci sono mai. Dove sarà lei, adesso?
Anni fa, ricordo di essere stata svegliata nel cuore della notte dal citofono che suonava impazzito; qualcuno l’aveva incastrato, e io uscii in pigiama nella notte gelida di dicembre per farlo smettere. Le strade erano bianche di neve appena scesa. Saranno state le tre, guardai il cielo ed era pieno di stelle fredde e lucenti. Forse lui moriva allora. La mamma mi chiamò la mattina presto. Ero sveglia perché era domenica, e dovevo andare a sciare. Ero sveglia e seduta al tavolo della cucina con nessuna voglia di prepararmi e uscire. Risposi al telefono e la mamma disse che il nonno era morto.
Dov’era adesso? Disse che era successo la notte. Non c’era già più, quand’ero uscita nella strada deserta per il citofono? Perché uno scherzo proprio quella notte?
Parlai con la mamma e poi misi giù il telefono. La cucina era silenziosa, fredda, fuori era ancora buio. La giornata non aveva più senso. Tutto sarebbe continuato come se niente fosse, nel mondo là fuori. Ma io non sapevo dove fosse il nonno, e per questo ogni cosa divenne semplicemente assurda. Era tutto previsto, era tutto pronto. Ma anche questo pensiero non ha più valore. Chi c’era con lui in quel momento?
Avevo pensato contro la mia volontà alla morte in un pomeriggio di molti mesi prima. L’avevo pensata come un’eventualità possibile, come una possibilità che diventava improvvisamente concreta. Ero nel salotto della nonna e mangiavo rabbiosamente dei pistacchi mentre tutti erano in cucina a parlare. Quella scatola di latta è ancora nella credenza della nonna. Ora ci mette delle nocciole, o delle mandorle. Ogni volta che vado a cercare la scatola mi ricordo di quel pomeriggio. La mia razionalità aveva provato a prevedere tutto, a percorrere in anticipo le strade possibili per soffrire di meno qualora le possibilità si fossero avverate. Un lavoro faticoso e al limite della schizofrenia. Penso le cose prima in modo da essere pronta. Le domande senza risposta non erano considerate nel mio piano, perché fanno perdere tempo. E in tutte queste faccende, nonostante questo continuo pensare, alla fine sembro sempre assente.
Quando succedono le cose, io non ci sono mai. Ultimamente è stata la voce della mamma a darmi le notizie tristi. La sua voce per telefono. Invece una volta mi ha chiamato una signora che non conosco e piangendo mi ha detto che sua madre era molto grave e voleva dirlo a mia mamma; ma lei non c’era. Allora le parlai un po’ io. Ero appena tornata dalla bici e vagavo per la casa parlando con una signora sconosciuta, e lei parlava con me da chissà quale triste corridoio di ospedale. Misi giù il telefono, e dopo dieci minuti di riflessioni più svariate tornai alla vita di prima.
Per ora non ancora, tuttavia in qualsiasi momento. Questo è il senso del mio pensare. Ma quando le cose accadono, si torna daccapo.
Saranno andati a casa, ora. Una tristezza impossibile da scacciare impregna la casa. Lo faceva già da mesi. La nonna è in un letto in una camera lunga e stretta, con la finestra alle spalle. Tutto è bianco, compresi i suoi capelli. Le sue mani hanno dita lunghe e curate. In che stanza la metteranno? Dovrò dormire qui? E dove metteranno me? Attimi di terrore. Il pensiero va oltre la sua esistenza materiale, come fa sempre, ma stavolta non ho voglia di seguirlo. Chi verrà? Da dove entreranno? Bisognerà stringere le mani a tante persone. Bisognerà dire grazie ed essere commossi.
Ricordo un giorno di tanti anni fa, alle medie, in cui eravamo d’accordo con altri compagni di andare a dormire da uno di loro. Prima però i miei compagni passarono a fare le condoglianze a casa di una loro amica. Gli era morto il papà. Era caduto nel bosco e l’avevano trovato dopo una settimana. Tutta la storia mi terrorizzò. Me ne stavo impalata all’ingresso della casa piena di persone silenziose, e vedevo i miei compagni abbracciare uno ad uno la loro amica, e ricordo di aver pensato chiaramente quanto tutto ciò fosse lontano da me, quanto io fossi incapace di avvicinarmi in quel modo alle persone. Quella notte dormii malissimo su un materassino da mare nella camera sovraffollata ma piena di amici e risatine. Molte delle notti successive, nel mi letto comodo, mi svegliai in preda al terrore. Ero nel bosco e non potevo andarmene.
Che cosa accadrà, alle paure che non riesco a scacciare?
È bene circondarsi di persone. Ci sono troppe domande senza risposta. Quando sono da sola le sento tornare da me.
Ora saranno a casa. Chiameranno il dottore. Il dottore scriverà una dichiarazione su un foglio come è stato per il nonno. Quel foglio è ancora in un cassetto, in una busta di plastica. Esiste un foglio dove sarà scritta la mia morte? Esiste già? Quando lo produrranno? Questa cosa mi assilla ogni volta che rivedo la cartelletta di plastica. È una dichiarazione come un’altra. Un addetto del comune la compilerà al computer e poi andrà a mangiare un panino in pausa pranzo. Poi cosa accadrà? Chiameranno le pompe funebri. È un lavoro come un altro, non è vero? È tutto normale, quindi perché tutte queste domande?

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