Saturday, March 5

cose divertenti che non farò mai più



Una cosa divertente che non farò mai più. Ad esempio, credere nelle persone, nelle cose, nella mia personale possibilità di costruirci qualcosa. Pensare troppo e agire poco, la formula vincente per una vita sprecata. Che belle scoperte, in un'inutile sera di marzo. Ma sento in me una nuova forza, e non capisco proprio come sia possibile. Mi sembra strano scoprirla, mi sembra scandaloso dover ammettere, ora che tutto è perduto, di sentirmi inspiegabilmente meglio. Nonostante la disperazione strisciante, mi sento libera. Sono libera dall’ansia di una scelta ancora possibile. Meglio così, no? Magra consolazione, di quelle di cui mi accontento come chi è a terra si accontenta delle briciole che cadono dal tavolo di un pranzo di nozze. Divertente, parlarne lucidamente e senza niente da perdere. Non ho più, in effetti, niente da perdere. Sei stato uno specchio, che ha mostrato di me lati che non conoscevo. Sei stato quello specchio in cui ci siamo guardati quel giorno. Avevi detto cose. Le parole si perdono nel tempo, le parole è come se non fossero mai esistite. L’immagine sullo specchio scompare, e rimango io, a guardare il mondo intorno senza più specchi, a osservare l’acqua sotto il lampione, e il ricordo di molte sere farsi lontano, sbiadito, mai esistito, forse falso. 
Continuiamo così, facciamoci del male. 
Al supermercato, nelle corsie spaziose, tra pacchetti ordinati, in sovrannumero, colorati e invitanti, mi sono sentita subito meglio. Il profumo di pane è dolce, invita a prendersi cura di sé, invita ad un calore che vorremmo tanto, che in realtà non abbiamo, ma che, illusi, pensiamo esista anche per noi, da qualche parte, quante cose può significare un panino profumato in un sabato pomeriggio di pioggia!, possibilità vaghe, sbiadite come ricordi, una baita nella neve, una luce gialla nel chiarore blu scuro della sera che scende, qualcuno che ci aspetta, qualcuno che aspetta anche me, un quadretto d’amore e felicità indefinito e vago come non mai ma che questo profumo di pane rende mio in modo violento, obbligato, è un regalo per noi, un dono non richiesto, a cui del resto ci pieghiamo volentieri nella tristezza generale, non è così? Nelle corsie ampie e ben illuminate, il bip bip alle casse è un sottofondo confuso, amico, lieto, ma rare sono le persone che vedo sorridere mentre esaminano frutta lucida, formaggi sotto vuoto, surgelati immobili e avvolti da gelido vapore dietro al vetro dei banchi frigo. Anche io non sorrido, in effetti. Con gli occhi spalancati, sono in attesa di segnali. Sono così calma. Una calma che prelude a qualcosa, una crisi, una crisi potentissima ed esplosiva. Il pazzo che vive vicino a me mi offre una visione di come potrei diventare, di come forse diventerò, a forza di rendermi conto troppo tardi che le scelte non fatte portano alla disperazione.
E la montagna che tanto amo, mi ha visto piangere come una bambina in una meravigliosa giornata di sole appena cominciata, in una conca silenziosa, nella solitudine assoluta. Lei potrebbe forse salvarmi, anzi: io potrei forse salvarmi, attraverso di lei, a patto di volerlo. Quante cose divertenti non farò mai più; immagino che sia tempo di smetterla di piangersi addosso e aspettare che qualcuno venga a salvarmi. Cerco distrazioni per non impazzire, e chissà la mia mente come lavora senza che io me ne accorga a cercare soluzioni e vie di fuga, a inventarsi compromessi inconsci da presentare alla mia vita cosciente per renderla più sopportabile, per rendere la realtà là fuori meglio sopportabile, ma è uno sforzo devastante, invisibile, un fuoco sempre acceso, un rubinetto aperto che divora energie, io sono abituata ad avanzare un passo dopo l’altro, guardando dritto davanti a me, sempre oltre, ma ora no, gli occhi sono puntati a terra, non guardo da nessuna parte, non vedo nulla oltre, nulla al di là, non vedo nulla. A ovest delle nuvole lisce e allungate, grigio scuro, striate di arancione, mi annunciano nevicate in arrivo, sembrano chiamarmi, spingo lo sguardo fino al grigiore incerto della pianura, non vedo nulla, non vedo nulla che possa salvarmi, la valle è proprio sotto di me, è molto prima e molto più vicina di tutto il panorama che ho appena attraversato con gli occhi, e ognuno, ognuno non fa che scegliersi le proprie prigioni, facendo finta di divertirsi, facendo finta che vada tutto bene, facendo finta di essere libero.


2 comments:

Herry Johnson said...
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