Saturday, November 30

neanche oggi

Non mi è spiaciuto neanche oggi, provare quell'angoscia di perdere qualcuno, di non vederlo più. Non la provavo da tempo. Mi accorgo che anche lei, cercavo nell'ombra. Non mi è spiaciuto, farmi asciugare le lacrime. È stata la cosa più dolce della giornata e avrei solo voluto scoppiare a piangere tra le sue braccia, finalmente libera. 
Tu eri semplicemente assente. Tu non mi offrivi in fin dei conti alcun aiuto. Lui era dolce, lui è stato dolce. Io ero debole e lui non mi ha attaccato. Io ero debole e lo sono ancora. 
Non capisco cosa mi succede. Le lacrime che prima trattenevo cadono ora in gocce copiose da occhi stanchi. Sono tremendamente stanca, di tutto. Vorrei piangere a dirotto fra le sue braccia, e sarebbe anche un pianto di felicità. Tu sei di nuovo distante, lontanissimo da me. 
Oggi questa sensazione ha dominato tutto il giorno. La mattina era ancora sopportabile, le distrazioni erano tante. 
Arrivata a sera era diventata pesantissima. 
Qualcosa è scattato nella mia testa e ho capito che non avevo più voglia di sentirmi così. 
Trattata così. 
Allora c'è stato un crollo. 
La misura è piena. 
Immaginate un fiume che rompe gli argini, proprio dentro di voi. Ma di nuovo, per quanto avessi voluto scappar via, sono rimasta lì con te senza far trasparire nulla. 
Poi è venuto il temporale. Poi non ci ho visto più. Tu, sorpreso, sei diventato improvvisamente comprensivo. Ma era davvero troppo tardi. Ero stata lì per te fino ad allora ma te n'eri disinteressato.

Ora piove e io sto per piangere, non riesco a parlare e con gli occhi a terra penso solo che vorrei sparire. Tu appari premuroso, ma io non ti guardo. Lui mi sfiora le guance e mi sorride, e questo mi è bastato. È stata l'unica cosa capace di salvare la mia giornata. 

Poco più tardi, tornando a casa in bici sotto una pioggia torrenziale, sento l'acqua battere sulla schiena e scivolare giù, sento le gocce una ad una diventare un fiume indistinto che entra da tutte le parti e lava via ogni cosa; e sento chiaramente qualcosa di me andarsene assieme all'acqua sull'asfalto nero, assieme a sassolini e rametti e detriti e foglie.
È quasi buio e le macchine sono fari rossi tremolanti che mi passano a fianco alzando ondate d'acqua, e mi chiedo fino a quando mi vedranno, mi chiedo fino a quando riuscirò a schivarle, la strada è in salita, la strada è un fiume in piena grigioblù, io sono una figura indistinta e completamente fradicia, e anche abbastanza ubriaca, che si sforza di andare dritto senza pensare a nient’altro.
I suoi occhi azzurri volteggiano davanti a me. Qualcosa di lui mi si è stampato dentro senza che nemmeno me ne accorgessi. Sono una tavoletta di cera su cui qualcun altro ha impresso un segno, su cui milioni di segni possono essere tracciati senza che io davvero ne sappia nulla. Mentre l’acqua si fa strada sotto la maglia e i pantaloncini e scivola lungo le gambe, e in un attimo inzuppa le calze e le scarpe, mi rendo conto che qualcosa è cambiato. 
Sono completamente fuori ma non sono più la stessa. 
La strada maledetta è finita. La salita non era così lunga, dopotutto; la strada spiana, aria fresca e altra acqua ora in discesa, tombini, pozzanghere, la bici non frena, curve, i lampioni già accesi, le macchine, fari, finalmente la strada di casa. Davanti al cancello ci metto una vita a tirar fuori le chiavi e a impugnarle, le mani sono gelate, eppure tenere il manubrio era così naturale, ma ora le chiavi proprio non riesco a prenderle in mano e dividerle e trovare quella giusta. Apro e sono dentro. È tutto finito, o forse no. La sensazione di stasera mi perseguita e lo farà per molti giorni. Piove. La notte sta arrivando e sento che lui mi manca già.

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